L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito istituzionale la Risposta n°334 dell'8 agosto 2019 con la quale ha chiarito quali sono i requisiti di cui tener conto per poter stabilire se esiste correlazione tra due differenti attività in relazione alla possibilità di poter aderire al regime forfettario sfruttandone, di conseguenza, gli ovvi benefici fiscali. In estrema sintesi l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che per poter considerare differenti due attività non è sufficiente classificarle secondo due differenti codici ATECO, ma deve tenersi conto di tutta una serie di requisiti primo fra tutti la natura del rapporto tra contribuente e società di appartenenza.

Il quesito posto all'Agenzia delle Entrate

L'amministrazione finanziaria si è trovata di fronte al caso di un socio di società di capitale che, pur essendo titolare di un terzo del capitale sociale dell'azienda, era intenzionato ad allargare il suo giro d'affari intraprendendo l'attività di procacciatore d'affari plurimandatario con codice ATECO dichiarato 46.19.02. L'attività di procacciatore sarebbe stata svolta anche in favore della predetta società che opera nel ramo finanziario assicurativo ed è dotata di un codice ATECO dichiarato 66.21.00. Nello stesso tempo, l'istante precisa che non esistono patti parasociali tra i soci né rapporti di parentela tra gli stessi e che in caso di passaggio a regime forfettario l'istante prevede di non fatturare più del 50% dei propri introiti annui grazie al rapporto con la società di cui possiede un terzo del capitale sociale.

Inoltre, precisa di non essere il socio designato a prendere le decisioni di carattere finanziario, in quanto queste per statuto vengono prese congiuntivamente e congiuntamente da tutti e tre i soci insieme. Di conseguenza, l'istante chiede all'Agenzia delle Entrate se nelle sue condizioni può aderire al regime forfettario disciplinato dalla Legge 23 dicembre 2014 n°190 come modificata dalla Legge di Bilancio 2019.

Il parere fornito dall'Agenzia

Ovviamente, l'amministrazione finanziaria non può fare a meno di richiamare quella che è la normativa vigente al momento. Quindi, immediatamente si premura di precisare che l'articolo 1, comma 57, lettera d della Legge 23 dicembre 2014 n°190, come modificata dalla Legge di Bilancio 2019, precisa che non possono avvalersi del regime forfettario tutti coloro che esercitano un'attività commerciale, un'arte o una professione e, nello stesso tempo, esercitano il controllo diretto o indiretto di una società che svolge un'attività commerciale che sia riconducibile in maniera diretta o indiretta a quelle svolte dalla persona fisica.

Dopo di che, richiamando quanto detto nella Circolare n°9/E del 10 aprile 2019, l'Agenzia delle Entrate fa notare come sia necessario affinché operi la causa ostativa citata sopra siano presenti contemporaneamente diversi requisiti. In primo luogo, deve esserci un controllo diretto o indiretto della società di capitale, nello specifico una Srl. In secondo luogo, questa stessa società deve svolgere attività economiche che siano direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arte o professione. Inoltre, precisa l'AdE che la nozione di controllo di cui deve tenersi conto è quella riportata nell'articolo 2359, commi 1 e 2, del Codice Civile. Tale articolo disciplina puntualmente il controllo diretto e indiretto ( o influenza dominante) su una società di capitali.

L'articolo 2359 del Codice Civile è alla base della normativa sulle cause ostative all'entrata nel regime forfettario. Inoltre, l'amministrazione finanziaria precisa che, ai fini della disciplina dei forfettari, in base a quanto stabilito dall'articolo 5 del Tuir nel controllo indiretto si tiene conto anche dei voti spettanti per interposta persona, come potrebbero essere i familiari.

L'Agenzia delle Entrate passa poi a precisare che per poter definire correttamente la correlazione tra le due attività (quella della società e quella della persona fisica in regime forfettario) occorrerà concentrarsi sulla natura del rapporto esistente tra i due. A questo scopo non è sufficiente la riconducibilità a codici ATECO appartenenti alla medesima sezione, ma tale riconducibilità si riterrà sussistente ogni volta la persona fisica che usufruisce del regime forfettario effettua operazioni commerciali tassabili con imposta sostitutiva alla società direttamente o indirettamente controllata.

Inoltre, viene specificato che ai fini della verifica occorre tenere conto dell'anno di applicazione del regime e non di quello precedente, proprio perché solo a partire dall'anno di applicazione si può verificare la riconducibilità delle operazioni in maniera diretta o indiretta.

Dalle informazioni fornite dall'interpellante l'Agenzia delle Entrate conclude che lo stesso potrebbe aderire al regime forfettario per l'anno 2019, perché la valutazione dell'eventuale causa ostativa va valutata anno per anno, quindi in questo momento per il 2019. Ciò non vuol dire che lo stesso contribuente non possa decadere dal beneficio nel 2020, tenuto conto anche del fatto che lo stesso ha dichiarato in sede di istanza che almeno il 50% del suo fatturato deriverebbe dai rapporti con la società di cui possiede un terzo del capitale.

Perciò l'Agenzia presume che si potrebbe realizzare un controllo di fatto che farebbe attivare la causa ostativa.

Come ultima precisazione, l'amministrazione finanziaria chiarisce che se i codici ATECO utilizzati fossero veramente quelli dichiarati dal contribuente in sede di istanza la causa ostativa non dovrebbe operare e il contribuente stesso potrebbe permanere nel regime forfettario anche per il successivo anno 2020.