I documenti e le dichiarazioni raccolte durante le ispezioni fiscali effettuate dalla Guardia di Finanza, per acquisire elementi probatori ai fini di dimostrare il reato di frode fiscale, devono essere ritenuti inutilizzabili in sede processuale se il professionista che le ha rese oppone il segreto professionale. Questo, in estrema sintesi, il principio stabilito dalla III Sezione Penale della Corte di Cassazione e cristallizzato nella corposa Sentenza n°34020 depositata in Cancelleria lo scorso 1 dicembre 2020.

Ispezioni fiscali, i fatti di causa

I giudici di legittimità si sono trovati davanti al ricorso presentato da una società di diritto inglese contro l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Mantova che aveva avallato il provvedimento di sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente di conti correnti e di quote societarie, richiesto dal Pubblico Ministero dello stesso Tribunale, volto ad identificare i beni oggetto della misura cautelare reale richiesto a seguito di ispezioni fiscali della Guardia di Finanza nei locali di diverse società che venivano ritenute in collegamento con la ricorrente. Oltre che presso l'ufficio di un professionista iscritto all'ordine dei ragionieri ed esperti contabili di Mantova.

Il reato perseguito era quello di frode fiscale. Secondo i militari delle Fiamme Gialle, infatti, la società ricorrente e le altre a questa collegate avevano emesso fatture false per operazioni inesistenti onde evadere le Tasse per più anni d'imposta di seguito. Contro tale decisione il collegio difensivo della società britannica ha proposto ricorso per Cassazione.

Ispezioni fiscali, le tesi difensive del contribuente

La difesa della società di diritto inglese ha presentato ricorso davanti alla Cassazione, sostanzialmente, per due ordini di motivi. Da una parte, si è sostenuta l'illegittimità dell'utilizzo dei documenti e delle dichiarazioni raccolte durante le ispezioni fiscali effettuate dalla Guardia di Finanza, in quanto le stesse erano state eseguite oltre i termini di legge previsti dall'articolo 407 del Codice di procedura penale per lo svolgimento delle indagini preliminari.

Di conseguenza, dato che le ispezioni fiscali svolte nel 2015 e 2016, secondo i difensori della ricorrente, si riferivano ad un processo penale del 2012, erano illegittime e le eventuali prove raccolte inutilizzabili anche ai fini della predisposizione della misura cautelare reale del sequestro preventivo. Inoltre, il Tribunale del Riesame, prima di ammettere le dichiarazioni del professionista come elemento utile a provare la necessità dell'attuazione della misura cautelare reale avrebbe dovuto verificare il collegamento tra quest'ultimo e le società implicate nella frode fiscale.

Ispezioni fiscali, la decisione della Cassazione

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso portato alla sua attenzione dalla società di diritto inglese.

I giudici di legittimità, infatti, hanno fatto notare come il Tribunale del Riesame di Mantova abbia operato correttamente rigettando il ricorso contro il provvedimento di sequestro preventivo ai fini della confisca dei beni emesso dal Pubblico Ministero di Mantova. La III Sezione Penale, infatti, ha chiarito che il P.M può chiedere al giudice l'applicazione del sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, purché tale richiesta non sia fondata sul risultato di atti di indagine compiuti dopo la scadenza del medesimo termine. E questo, in quanto la sanzione dell'inutilizzabilità, di cui all'articolo 407 del codice di procedura penale, comma 3, concerne solo gli atti di indagine aventi efficacia probatoria, e non quindi le ispezioni fiscali volte a impedire la prosecuzione della condotta vietata, come possono essere quelle effettuate per applicare la misura cautelare reale del sequestro preventivo.

Non solo, la Corte di Cassazione ha anche ritenuto inammissibile la censura della sentenza impugnata in relazione alla presunta non utilizzabilità delle dichiarazioni del professionista, da parte della Guardia di Finanza, perché coperte da segreto professionale. I giudici di legittimità hanno fatto notare come, già nella sentenza di merito, si facesse presente che il segreto professionale non era stato invocato durante le ispezioni fiscali a cui era stato presente lo stesso professionista. Di conseguenza, secondo il Tribunale del Riesame le dichiarazioni e i documenti reperiti durante le ispezioni fiscali erano perfettamente utilizzabili, come previsto dagli articoli 52 del DPR 633/72 che detta, appunto, le modalità da seguire per effettuare gli accessi, le ispezioni e le verifiche, e 220 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale, in tema proprio di attività ispettive e di vigilanza.

Se, invece, il professionista interessato dalle ispezioni fiscali avesse opposto il segreto professionale, continua la Cassazione, ai militari della Guardia di Finanza non sarebbe rimasto altro da fare che interrompere le attività ispettive immediatamente e richiedere l'autorizzazione al Procuratore della Repubblica. Per di più l'opposizione del segreto professionale sarebbe dovuta risultare da atto scritto del professionista. Mentre, nel caso di specie, fa notare il giudice di legittimità, il professionista oltre a non opporre il segreto professionale ha collaborato pienamente con i militari nell'analizzare il contenuto della documentazione rinvenuta. Per tali motivi il ricorso è stato rigettato dalla Cassazione.