Il problema della disinformazione veicolata dai social media comincia a destare seria preoccupazione. Negli Usa, dopo le elezioni presidenziali, in molti hanno puntato il dito contro le false notizie che, soprattutto attraverso Facebook, sono circolate a macchia d’olio condizionando le intenzioni di voto. Basti pensare che, durante la campagna elettorale, circolavano notizie da un fantomatico Denver Guardian in cui si diceva che la Clinton andasse in giro ad uccidere la gente, mentre alcuni teenager si divertivano a spammare articoli pro Trump grazie ai quali, con articoli fittizi, guadagnavano clic e quindi soldi sul loro sito.

Una ricerca del Pew Research Center ha mostrato che il 62% degli americani si informano totalmente o in parte attraverso notizie che passano dai social media, mentre BuzzFeed riportava che il 38% di siti conservatori erano colpevoli di diffusione di false notizie, percentuale che scendeva al 19% per i siti liberali. Questo trend e successo di false notizie trovano anche giustificazione in un concetto della psicologia definito bias di conferma, una struttura mentale che fa sì che ognuno di noi sia portato ad interessarsi e a dare credibilità a fatti e notizie che confermano le proprie convinzioni.

Facebook, il re dei social network, è ovviamente il primo ad essere sotto accusa, specialmente dopo che alcuni suoi impiegati si sono riuniti e hanno fatto ‘outing’ per affrontare il problema.

In un’intervista a BuzzFeed, questi avevano affermato come la circolazione di notizie fasulle sia un problema reale, mentre, ancora prima, altri impiegati dell’azienda avevano rivelato come il team che si occupava delle trending news in facebook avesse volontariamente soppresso notizie relative al partito conservatore. In risposta, facebook aveva licenziato l’intero team per sostituirlo con un algoritmo in grado (a detta dell’azienda) di riconoscere il falso dal vero.

Mentre Mark Zuckerberg sostiene pubblicamente che il 99% delle notizie che circolano sul suo social network sono vere, il Guardian ha scoperto i retroscena che avvengono ai piani alti dell’azienda, dove effettivamente si sta cercando di porre un rimedio alla diffusione dei fake. Un problema non da poco, anche per la difficoltà di fare fact-checking su notizie quasi vere od opinioni, come sostiene l’ex designer di facebook Bobby Goodlatte.