Negli ultimi giorni ha destato scalpore l’improvvisa censura dei videogiochi per adulti su Steam e altri store digitali meno noti. La decisione è conseguita a seguito di reclami e pressione mediatica esercitata da un gruppo no-profit chiamato Collective Shout. Quest’ultima è un'organizzazione conservatrice australiana fondata nel 2008 da Melinda Tankard Reist, che opera per contrastare la sessualizzazione e mercificazione della donna nei media. L’associazione ha progressivamente ampliato il proprio campo d’azione verso musica, sport e videogiochi.

Il ruolo di Steam e circuiti di pagamento nella censura dei videogiochi

È proprio nel settore dei videogiochi che Collective Shout ha ottenuto importanti vittorie: hanno denunciato la presenza di oltre 500 videogiochi contenenti temi di stupro, incesto o abuso sui minori, presenti su piattaforme come Steam e itch.io, e richiesto a Visa, Mastercard e PayPal di bloccare le transazioni verso tali prodotti.

Come riporta The Guardian, nella prima metà di luglio Steam ha rimosso centinaia di titoli per adulti dal proprio catalogo in ottemperanza ai nuovi standard sui metodi di pagamento. Non è stata fornita alcuna spiegazione ufficiale sui titoli rimossi. Secondo Game File, anche lo store digitale itch.io ha rimosso oltre 20.000 titoli etichettati NSFW (Not Suitable For Work, materiale per adulti), tuttavia molti di questi non contenevano materiale esplicito, ma contenuti LGBTQ+.

La piattaforma sta ora valutando di reinserire in catalogo i titoli gratuiti precedentemente rimossi.

Le aziende coinvolte hanno giustificato la decisione citando requisiti di conformità legale, che impongono ai commercianti di implementare controlli per impedire l'acquisto di contenuti potenzialmente illegali con le proprie carte. Mastercard ha anche rilasciato un comunicato stampa dichiarando di non aver valutato personalmente alcun videogioco, né ordinato restrizioni.

Le reazione di gamer e sviluppatori

La censura dei videogiochi non è stata gradita da videogiocatori e sviluppatori, che vedono in queste misure una forma di «censura finanziaria», dove istituzioni creditizie si ergono ad arbitri morali e boia.

Organizzazioni come l’International Game Developers Association (IGDA) hanno pubblicamente chiesto maggiore trasparenza e dialogo tra piattaforme, circuiti di pagamento e sviluppatori, segnalando una concreta minaccia alla libertà creativa e alla diversità culturale del settore.

I gamer non le hanno mandate a dire: secondo Polygon, Visa e Mastercard sono state tartassate da telefonate, email e petizioni per forzarle a un’inversione di rotta.