La legge di stabilità 2015 porterà assieme alla sua approvazione una profonda modifica al vecchio regime dei minimi, che si aprirà ad una platea ben più ampia ma non conserverà tutte le agevolazioni disponibili in precedenza. All'abolizione del vincolo anagrafico, che in precedenza corrispondeva ai 35 anni di età o in alternativa al quinquennio come arco temporale massimo per usufruire dei benefici, è seguito un restringimento reddituale della possibile applicazione. Infatti, proprio la commissione bilancio in Senato ha deciso di limitare il nuovo regime forfettario, mettendo dei paletti rispetto al cumulo con altre tipologie di reddito, come quelli da lavoro dipendente.

Altri elementi peggiorativi consistono nell'innalzamento dell'imposta sostitutiva, che passerà dal 5% al 15%, mentre vi saranno delle diverse soglie di fatturato in base alla tipologia di attività. Vi è da dire però che per coloro che potranno accedere restano i vantaggi relativi alla estrema immediatezza della contabilità gestionale: non sarà necessario infatti tenere particolari registri oltre ai documenti di acquisto e di fatturazione, non vi sono ritenute alla fonte da gestire e non si risulta soggetti agli studi di settore.

Nuovo regime dei minimi: 300.000 professionisti e consulenti rischiano la chiusura?

Purtroppo con il regime forfettario 2015 saranno introdotti anche dei nuovi limiti di fatturato, che per i professionisti e free lance risulteranno più stringenti: si passerà infatti dai 30.000 € annui ai 15.000 €, un dimezzamento che ha dato il via a molte polemiche circa la bontà di una simile misura.

Sembra essere andata un po' meglio invece per gli artigiani, il cui limite di fatturato si fermerà a 20.000 €, mentre i commercianti potranno arrivare fino a 40.000 € annui. Non si è fatta attendere nelle scorse settimane la reazione dei principali rappresentanti dei lavoratori intellettuali. Ultima in ordine di tempo quella del rappresentante di Confprofessioni della Regione Lazio, che ha parlato di un aumento dell'imposizione del 500% e della possibile chiusura per circa 300.000 partite iva.

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