Verissimo, il testo sulleunioni civili che ha appena incassato al fiducia dalla Camera non è il migliore possibile. Frutto di mediazioni al ribasso, con paletti posti da forze reazionarie, la (a)morale cattolica che permea le menti di molti, forse troppi rappresentanti politici e via discorrendo. Il dato però va contestualizzato: quante volte la politica, in colpevole ritardo rispetto alla giurisprudenza, ha provato a normare le coppie di fatto e le unioni tra persone dello stesso sesso? In ordine furono i Pacs, Dico, Cus e i Didorè. Nel lontano 2002 i Ds misero in agenda i Pacs, Patti civili di solidarietà tra conviventi, proposta di legge che non arrivò nemmeno alla discussione in aula.
Medesimo discorso può essere fatto per gli altri acronimi. Il ddl Cirinnà ci permette di dimenticare tutti questi ritardi della politica.
Chi ci impedisce di festeggiare?
Insopportabile il clima di indifferenza che si respira nel nostro paese. Probabilmente molti ignorano che l'approvazione del ddl Cirinnà altro non fa che recepire una direttiva europea, oltre a dar seguito all'ammonimento della Corte di Giustizia europea che non perde, perdeva, pardon, tempo per infliggerci multe su multe per il nostro non allineamento in tema di diritti civili. Il Parlamento ha dunque sopperito ad una mancanza ripugnante del nostro ordinamento. Si potrebbe discutere dello stralcio della stepchild adoption, ma il Governo ha più volte rassicurato che verrà proposto un ddl che riformi l'interocorpus normativo delle adozioni quanto prima.
Facilissimo il paragone con l'approvazione di una legge analoga oltreoceano. In America, la Corte Suprema ha sentenziato che le nozze gay sono un "diritto costituzionale". Meravigliosa la reazione di migliaia di italiani (di tutto il mondo, in verità) che hanno modificato la propria immagine del profilo sui social network (specchio di una vita parallela) sovrapponendoci una bandiera arcobaleno, simbolo della lotta per i diritti omosessuali.
Tutti felici e contenti, quindi.
Oggi? Perché oggi, quando tocca a noi, quando siamo noi a dover festeggiare, tutti girano la testa dall'altra parte? La battaglia non è stata vinta, oggi è stata vinta la guerra contro l'arretratezza morale di colore che, credendosi normali, quindi superiori secondo natura, pretendevano che rimanesse lo status quo.
Quella propria condizione che non garantiva diritti assistenziali, economici e relazionali a coloro che si erano innamorati di una persona del loro stesso sesso.
Uno stato sociale, quale è l'Italia, ha l'obbligo, sancito dall'articolo 2 (e molti altri) della Costituzione, di garantire a ciascuno eguali diritti. Se esistesse anche solo un individuo in Italia scevro di determinati diritti, il Parlamento avrebbe l'obbligo morale di adoperarsi per colmare quella lacuna. La giurisprudenza ha anticipato la politica in modo clamoroso. Già la Corte di Cassazione, nel lontano 1957, si era espressa circa la necessità di regolamentare le coppie di fatto, poi, come detto, sono venute a mancare le volontà politiche di portare a compimento un percorso che disciplinasse coppie omosessuali e coppie di fatto.
C'è da dire, però, che personaggi come Giovanardi, Scilipoti, o eventi come il tweet offensivo nei confronti del ministro Boschi da un gruppo del Family Day ("la Boschi ci mette la faccia", con una foto del deretano del ministro) mettono addosso una certa tristezza. Crediamo che sia proprio a causa loro che un traguardo del genere vada festeggiato, al di là del governo che lo approvi e del suo colore politico.
I diritti non hanno un colore, ma li posseggono tutti, come l'arcobaleno.
"Considerate i diritti degli altri davanti ai vostri sentimenti, e i sentimenti degli altri prima dei vostri stessi diritti" (John Wooden).