Se pensavate che ad un aumento della vita media corrispondesse un aumento della demenza senile, vi sbagliavate. Può essere vero per malattie come il diabete, l’obesità, l’ipertensione ma non lo è per la demenza che, invece, vede la sua incidenza in calo, in base ad un’indagine condotta negli Stati Uniti, da ricercatori dell’Università del Michigan. In 12 anni, in una popolazione di ultra 65enni si è passati da 11,6% a 8,8% dei casi di demenza senile. Studi condotti in Gran Bretagna e in Spagna confermano lo stesso trend in Europa. Una possibile spiegazione è che un livello crescente di istruzione delle nuove generazioni di anziani riesca a contrastare la degenerazione delle cellule cerebrali.

Più sei istruito meglio affronti la vecchiaia

Oltre ad un corretto stile di vita (dieta, alimentazione e attività fisica), avere interessi, leggere, viaggiare, sono tutti elementi che aiutano ad affrontare al meglio il periodo della terza e quarta età. In pratica la fase della nostra vita che va oltre i 65 anni. Ora dagli Stati uniti arriva una conferma. Un articolo a firma di Gina Kolatu, sulle colonne del New York Times del 21 novembre scorso, riferisce di una ricerca pubblicata su JAMA Internal Medicine. Nel periodo 2000 – 2012, oltre 21mila persone, residenti in tutto il territorio americano, di età pari o superiore a 65 anni, nella loro vita avevano dedicato maggior tempo per la loro istruzione, passando dall’11,8 (nel 2000) a 12,7 anni (nel 2012).

In pratica, gli anziani di oggi hanno studiato un anno in più rispetto agli anziani del decennio precedente. E questa maggiore istruzione è stata associata ad una riduzione della degenerazione delle cellule cerebrali, anticamera della demenza senile. Non è lo stesso per altre patologie tipiche di questa fascia di età, come diabete, obesità e ipertensione che nello stesso periodo sono invece aumentati.

Per queste patologie, invece, possono essere utili altri fattori come alimentazione, attività fisica, prevenzione, ed eliminazione di quelle abitudini che sappiamo bene non fanno, come fumo di sigaretta e abuso di sostanze alcoliche.

Inoltre, nello stesso intervallo di tempo (2000-2012), l’età media a cui un anziano riceveva una diagnosi di demenza è passata da 80,7 a 82,4 anni.

In pratica, per una popolazione come quella americana, che conta circa un milione e mezzo di ultra 65enni, se l’incidenza della demenza senile attuale fosse pari a quella diagnosticata nel 2000, adesso oltreoceano ci sarebbero circa 2000 dementi in più.

Ma questo fenomeno non ha ancora una spiegazione su base organica. Infatti, una precedente ricerca condotta da ricercatori dell’Università dell’Illinois, su ultranovantenni giunti fino al decesso con una incredibile capacità cognitiva, dopo l’autopsia i medici avevano osservato, con stupore, che la condizione dei tessuti cerebrali di questi soggetti lasciava supporre si trattasse di pazienti con Alzheimer conclamato. Eppure questi novantenni si erano mantenuti lucidi fino alla fine.

Come mai?

Una laurea ti allunga la vita

Uno studio recente ha dimostrato che le persone laureate hanno un’aspettativa di vita mediamente superiore di oltre 5 anni rispetto a chi si è fermato alla licenza elementare. Tuttavia questo non può essere associato solo ad una componente neurologica ma una maggiore istruzione presuppone possa indirizzare un soggetto a svolgere attività meno usuranti, ad avere uno stile di vita più salutare, ad avere i mezzi, la preparazione e la consapevolezza per fare una buona prevenzione e, in caso di patologie, arrivare prima con una diagnosi precoce.

Quello della demenza senile è un capitolo di spesa sociale e sanitario molto importante per i bilanci degli Stati.

Basti pensare che solo negli Stati Uniti, ogni anno vengono diagnosticate da 4 a 5 milioni di nuovi casi di demenza senile, per un costo sociale di 215 miliardi di dollari l’anno. Una spesa superiore a quella per la gestione degli infartuati (102 miliardi/anno) e per i malati di cancro (77 miliardi/anno).