Poco meno di un mese e l’accordo di Parigi sul clima del 2015 entrerà in vigore. Una notizia che colpisce positivamente, sapendo che l’obiettivo della COP21 (come è stata altresì chiamata la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici) era di farlo entrare in vigore nel 2020. Nel giro di un anno sono stati fatti tutti i passaggi per arrivare a dare il via a un’intesa che ha come scopo quello di limitare il riscaldamento globale. “L’accordo del secolo cambia il futuro tuo e quello dei tuoi figli”, recita lo slogan all’interno del sito inerente l’accordo di Parigi.

La buona notizia si concretizzerà il 4 novembre 2016 a Marrakesh.

L’accordo in breve

La COP21 è uno strumento internazionale messo in atto per analizzare un Clima sempre più instabile e caotico e per pensare a soluzioni adatte per limitare l’impatto di questo cambiamento. Con questo accordo si parla di sinergie tra Stati, di obiettivi comuni, perché tutti sono chiamati a operare per il bene del pianeta. Vengono stabilite norme da rispettare, limiti da non superare, scopi da raggiungere, risorse pubbliche e private da mobilitare.

Le ultime tappe

Settembre: ratifica di USA e Cina, i due maggiori Paesi inquinanti, e di Brasile e Argentina. 2 ottobre: ratifica dell’India. 4 ottobre: ratifica del parlamento europeo.

Con queste ultime mosse, sommate alle altre ratifiche, per un totale di 62 Paesi (negli impegni stabiliti il numero minimo di Paesi chiamati a ratificare il documento era di 55), ci si sta avvicinando sempre più all’applicazione di tutte le responsabilità previste. A questo si aggiunge la necessità che gli Stati che approvano il documento siano responsabili del 55% di emissioni mondiali di gas serra.

Con l’India si è arrivati al 52%. Con l’Europa si conta di raggiungere e superare il dato richiesto.

Pro e contro dell’accordo sul clima

Un comitato appositamente formato è chiamato a verificare il rispetto da parte degli Stati coinvolti di tutti gli impegni previsti e dei dati autocertificati forniti.

Non sono previste sanzioni disciplinari per chi non rispetta quanto previsto dall’accordo e i vincoli sono meno severi rispetto quelli stabiliti nel protocollo di Kyoto, sottoscritto nel ’97 ed entrato in vigore nel 2005.

Una buona notizia, questa, certamente, ma in parte, perché gli Stati devono mettersi nell’ottica di lavorare con intensità e determinazione per ridurre le emissioni di gas serra all’interno di una situazione grave, che vede un’accelerazione insistente del riscaldamento globale che ha tutti i buoni presupposti per portare all’aumento della temperatura di ben 2°C nel giro di trent’anni.