Con un report pubblicato il 16 marzo Amnesty International ha chiesto alle autorità nigeriane di aprire un’inchiesta sullo stato degli oleodotti posseduti da Shell ed Eni nella regione del Delta del Niger, considerata una delle aree più inquinate al mondo. La denuncia della ONG è avvenuta dopo una capillare attività di ricerca condotta dai volontari di Decoders, una piattaforma sviluppata da Amnesty per il crowdsourcing della ricerca sui diritti umani.
Il report di Amnesty International
Le indagini di Decoders hanno portato alla luce due problematiche centrali:
1 Le due compagnie pubblicano informazioni false
I due colossi petroliferi hanno attribuito molti degli sversamenti di idrocarburi, avvenuti a partire dal 2011, a furti e atti vandalici.
Queste giustificazioni hanno però tolto alle comunità del Delta del Niger la possibilità di ottenere un risarcimento, poiché il danno da loro ricevuto è stato attribuito a terzi. Gli attivisti di Decoders hanno pertanto analizzato le foto inerenti a questi casi arrivando ad individuarne 89 in cui è possibile sollevare dubbi sulle reali cause delle fuoriuscite di petrolio. “In alcuni di essi è possibile notare come la causa sia attribuibile alla corrosione degli oleodotti e non a furti come sostenuto dalle aziende”. Questo potrebbe significare che alcune comunità non abbiano ricevuto il giusto risarcimento.
2 I tempi di risposta alle segnalazioni sono troppo lenti
Le normative vigenti in Nigeria richiedono di intervenire entro 24 ore dalla segnalazione di una fuoriuscita di idrocarburi per limitare i danni causati all'ambiente circostante.
Analizzando i dati delle due compagnie gli attivisti hanno potuto verificare che Shell ha rispettato le tempistiche solo nel 26% dei casi mentre Eni nel 76%. Inoltre i tempi di risposta sono diventati sempre più lenti fino ad arrivare ad un ritardo record da parte di Eni di 430 giorni dopo la segnalazione di una fuoriuscita in Bayelsa.
Mark Dummett, Business and Human Rights Researcher di Amnesty Internationa ha così commentato l'operato dei due colossi petroliferi: "Più le aziende impiegano tempo a rispondere alle fuoriuscite, maggiore è il rischio che il petrolio si diffonda nelle fonti di cibo e acqua, e loro lo sanno. Non sarebbero così irresponsabili se il loro petrolio fuoriuscisse in una regione europea ".
Ecco il tweet di denuncia di Amnesty International.
With your help, we have uncovered just how little @Shell & @eni are doing to prevent oil spills. The people of the Niger Delta have paid enough. This needs to change ➝ https://t.co/7b0HXYUlLj pic.twitter.com/yN185fZnhl
— AmnestyInternational (@amnesty) 16 marzo 2018