La Grande Barriera Corallina è situata in Australia a nord-est del Queensland. Si tratta di una delle forme di ecosistema più ricche e variegate del Pianeta che dopo millenni di vita rischia di sparire dal nostro panorama naturale. Per via del suo aspetto caratteristico e a dir poco mozzafiato è da secoli studiata da biologi e zoologi di tutto il mondo, che in modo a dir poco fenomenale sono riusciti a ricostruire tutta la sua vita nel corso dei millenni. Secondo quanto riportato da un articolo pubblicato su "Nature Geosciense", essa potrebbe trovarsi in pericolo.

Profilo biologico

Si ritiene che essa risalga ad oltre 30.000 anni fa ed è la sede della più grande biodiversità marina del nostro Pianeta. Nuotando tra le acque limpide dell’Oceano si possono incontrare pesci di ogni genere e specie, oltre sei generi di tartarughe marine, come la tartaruga liuto e la bastarda, infinità di molluschi lamellibranchi, artropodi marini, tra cui policheti e crostacei dai colori scintillanti. Ma i veri e propri “costruttori della barriera” sono i coralli, dai quali ne deriva il nome.

Biologicamente parlando gli animali che costituiscono l’immensa distesa denominata “barriera” sono le Madrepore ed altri coralli che appartengono alla vasta classe degli Antozoi e phylum Cnidaria.

E’ risaputo che l’esistenza della barriera è legata a delicati fenomeni e meccanismi biologici che necessitano di determinate condizioni ambientali che permettono il funzionamento armonico dell’ecosistema. Basta un lieve cambiamento per innescare una catena di reazioni che modificano l’equilibrio marino e che porta alla morte della barriera.

Nonostante la sua delicatezza, essa ha notevoli capacità rigenerative. Nel corso dell’evoluzione gli animali che la costituiscono hanno adottato funzionali strategie di sopravvivenza che consentono di controllarne l’equilibrio.

Questa esigenza di “sopravvivenza” è dovuta alla risposta che tali organismi hanno dovuto dare all'Ambiente stesso, il quale con fenomeni ciclici catastrofici come l’abbattersi di burrascose tempeste, ha messo a dura prova la loro esistenza.

Un fenomeno antico ma mai catastrofico

Come già sostenuto la barriera corallina negli anni ha subito notevoli danni ma è sempre stata in grado di ricominciare a svolgere la sua attività, riparando tutte le cicatrici. I primi episodi tragici per l’ecosistema si ebbero durante i periodi interglaciali circa 15.000 anni fa, quando in seguito allo scioglimento dei ghiacciai il livello del mare si alzò notevolmente ma la barriera sopravvisse perché riuscì a retrocedere verso la costa.

L’evento più recente risale a 10.000 anni fa quando si assistette ad un mostruoso intorbidimento delle acque che bloccò l’attività fotosintetica dei simbionti e decretò la morte di centinaia di individui.

Allarme e pericoli

Diremo addio a questo Paradiso terrestre mozzafiato? Nell'ultimo decennio la zona a nord-est dell’Australia è considerata zona a rischio estinzione di flora e fauna. In questo periodo la Grande Barriera Corallina ha subito il quadruplo dei danni che essa normalmente riceve nel corso di un secolo. In natura la velocità di ricostruzione del fondale marino è molto lenta e non segue le elevate velocità di distruzione che tragicamente si abbattono su questo ecosistema fiabesco. La causa di questo forte disastro ambientale è come al solito l’uomo.

Si ritiene che il primo fattore che abbia innescato il rapido processo di annientamento della barriera sia il surriscaldamento globale, il quale ha non solo innalzato il livello del mare ma lo ha anche surriscaldato.

Normalmente la barriera è in grado di rispondere all’innalzamento del livello dell’acqua arretrando verso la costa, e quindi colonizzando nuovo substrato. L’innalzamento della temperatura idrica è però difficile da contrastare perché queste forme di vita nel corso della loro evoluzione hanno sviluppato un ciclo biologico che non permette la loro diretta esposizione alla radiazione solare e la loro sopravvivenza oltre una soglia massima di temperatura ambientale. E’ vero che i coralli vivono in acque basse, dove la luce solare è poco schermata, ma questo è un fenomeno evolutivo che permette la loro sopravvivenza in quanto al loro interno vivono immense colonie di alghe unicellulari che attraverso la fotosintesi clorofilliana trasmettono le sostanze di riserva.

Questo processo di simbiosi si è evoluto secondo parametri ambientali fissi, per cui un minimo sbalzo di valori può far crollare tutto il sistema vitale.

Il pericolo incombe rapido e devastante, tanto che alcune specie di antozoi sono già sparite dall’ecosistema. Le associazioni animaliste ed ambientali hanno avviato una forte campagna di sensibilizzazione verso la popolazione, esortandola ad avere più rispetto nei confronti dell’ambiente. Il secondo passo è stato quello di preservare quello che resta dell’ecosistema e di accompagnare la ricrescita degli antozoi al fine di colonizzare tutto il fondale perduto.