Il rapporto rilasciato il 3 febbraio 2021 dall'istituto di Affari Internazionali Chatham House (sostenuto dal programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) parla chiaro: l'industria alimentare globale è uno dei fattori principali che contribuiscono alla perdita della biodiversità sul nostro pianeta. La produzione di cibo sta degradando e impoverendo gli habitat naturali, causando l'estinzione di alcune specie animali. L'agricoltura e gli allevamenti intensivi infatti, sottolinea il rapporto, mettono a rischio estinzione circa l'86% delle 28,000 specie conosciute.

Per ripristinare la biodiversità, o quantomeno prevenirne un'ulteriore perdita, è necessario quindi mettere in atto dei compromessi e ripensare l'industria alimentare in un'ottica di sostenibilità.

I danni dell'industria alimentare mettono a rischio la biodiversità

Il rapporto evidenzia come causa principale il circolo vizioso della produzione di cibo a basso costo, che ha condotto ad una crescita della domanda e, di conseguenza, a sprechi maggiori.

Questa tendenza ha portato l'industria alimentare a competere per ottenere costi sempre più bassi attraverso l'utilizzo di fertilizzanti inquinanti e pesticidi, mentre la necessità di produrre maggiori quantità di cibo ha condotto alla riduzione della percentuale di terreni ancora allo stato naturale.

Tre passaggi per una trasformazione a favore dell'ambiente

Una speranza di invertire la rotta però c'è: il rapporto, sostenuto dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e da Compassion in World Farming, delinea tre passaggi cardine; il primo consiste nella transizione ad un'alimentazione più vegetale. Se si considera che più del'80% dei terreni coltivabili a livello globale sono impiegati per l'allevamento, è facile comprendere come un decremento nella domanda globale di carne porterebbe ad una minore necessità di occupare la superficie terrestre a questo scopo, evitando di infliggere un ulteriore danno alla biodiversità.

Questo è anche il secondo passaggio illustrato nel rapporto: evitare la conversione di terreni a scopo agricolo con la finalità di riportare gli ecosistemi al loro stato naturale. In sostanza, ridurre presenza dell'uomo ed aumentare le aree protette.

Il terzo passaggio è sempre legato all'agricoltura. Secondo il thinktank Chathman House, è necessario infatti rendere le coltivazioni più nature-friendly, sostenibili e compatibili con il mantenimento della biodiversità.

Per ottenere questo, si dovrà ad esempio rimpiazzare la pratica agricola della monocoltura con la policoltura.

Si comprende quindi come il secondo e il terzo passaggio possano essere realizzati solo come conseguenza di un cambio generalizzato nell'alimentazione. Saranno infatti obiettivi difficilmente raggiungibili senza una diminuzione nella domanda di cibo ad alto impatto ambientale a ridurre la pressione sulle risorse del suolo.

Un anno fondamentale per un futuro sostenibile

Il 2021 potrebbe essere un'occasione unica perché si verifichi questo cambiamento nel sistema alimentare anche nei processi politici internazionali. Quest'anno infatti, avranno luogo alcuni vertici e conferenze legate dalla tematica della gestione dei sistemi di produzione alimentare e della biodiversità. Eventi importanti per raggiungere l'obiettivo della sostenibilità ambientale e di un miglioramento della salute pubblica e del benessere globale.