Novembre 2015: il rumore degli attentati a Parigi è ancora nelle orecchie di tutta Europa e la nazionale francese e quella inglese si affrontano al Wembley Stadium in un incontro che è un grande classico del calcio europeo e mondiale, condito da una storica rivalità fra le due nazionali, antica quanto il mondo. Appena suona l'inno nazionale francese, la "Marsigliese" non sono solo i tifosi francesi ad intonarlo, ma tutti i 90.000 presenti: da David Cameron al principe William. Il completamento emozionante di qualcosa iniziato già da qualche ora con la prima pagina del Mirrorbardata di blu, bianco e rosso con le parole dell'inno francese, che gli inglesi si sono messi a studiare per essere puntuali e preparati all'appuntamento con la storia.
E le immagini corrono sui siti sportivi e non, invadono i social, stringono l'Europa in un abbraccio: per qualche ora la "Marsigliese" è l'inno di tutti gli Europei.
Settembre 2017: a meno di due anni dai 90.000 di Wembley la Francia è di scena a Bari contro la nostra nazionale, in emergenza e rimaneggiata, che celebra non solo l'esordio del nuovo ct Giampiero Ventura, ma vuole anche manifestare la sua vicinanza alle vittime del sisma che ha sconvolto il centro Italia e quelle del tragico scontro ferroviario in Puglia: quando il mondo dello sport ci si mette sa creare momenti di alto valore emotivo capaci di andareal di là del semplice atto tecnico.Al "San Nicola" di Bari suona la "Marsigliese" e da una parte del pubblico italiano piovono dei fischi che fanno male non solo ai supporter e gli sportivi francesi, ma anche a quanti all'ascolto o direttamente allo stadio vorrebbero sprofondare dalla vergogna, da un gesto inqualificabile ed impossibile da nascondere dietro un'accesa rivalità sportiva con i cugini d'oltralpe.
La reazione
Ci ha pensato Gianluigi Buffon, con un riflesso da campione, alzando le mani non per una parata miracolosa come quella famosa su Zidane nella finale mondiale proprio contro la Francia nel 2006, ma per sovrastare quei fischi disgustosi e dolorosi con un applauso. E al Capitano si sono uniti i suoi compagni di squadra, la panchina, e la stragrande maggioranza del pubblico di Bari, accompagnando la "Marsigliese" fino al termine dell'esecuzione.
La stampa francese (sazia anche del 3-1 rifilatoci dai vicecampioni d'Europa) ha esaltato il gesto del portiere della Juventus in molti modi.
Ma in quegli istanti di fischi ci siamo accorti della distanza siderale da qui a Wembley e quei giorni di novembre del 2015. E non perchégli Italiani siano un popolo incivile: che non è così lo hanno dimostrato coloro i quali, seguendo l'esempio di buffon, hanno demolito gli imbecilli che fischiavano.
Ma perché se la memoria non fosse così passeggera, se non fosse così semplice dimenticarci di terrore e dolore, se il cordoglio non fosse ad orologeria, ci ricorderemmo quello che quell'inno ha significato per tutti noi in quei giorni ed a nessuno verrebbe mai in mente di fischiare. A prescindere dal fatto che un inno nazionale, indipendente dalla nazione, non si fischia: è il simbolo di un popolo, è il cuore di un popolo, che ci stia simpatico o meno. Anche in queste piccole cose vediamo che la strada da fare è davvero molta e che, forse, quella che abbiamo fatto ci ha condotti troppo lontano da Wembley.