“Siamo preoccupati per il calcio italiano".Così Rosi Bindi, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia , si è espressa in merito al caso delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva della Juve, e sul fenomeno più generale dell'addentramento di frange criminali nel mondo del calcio.

Quello della curva Juve è un caso emblematico, che viene alla luce grazie all’operazione che porterà al processo “Alto Piemonte”, in cui verranno arrestati diversi esponenti della criminalità organizzata calabrese, legati alle ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro.

Questi si erano infiltrati all’interno del tifo organizzato, e, secondo quanto accertato, la vendita dei biglietti e la sicurezza nelle curve era condizionata dalla loro organizzazione di tipo mafioso.

Alcune intercettazioni hanno ipotizzato, inoltre, che il Presidente della Juventus, Andrea Agnelli, fosse consapevole dei rapporti strutturati e delle concessioni fatte in favore dei gruppi del tifo organizzato e di esponenti malavitosi, e che acconsentiva a tale condotta. E che lo stesso si sarebbe addirittura incontrato con Rocco Dominello, figlio di un boss della 'ndrangheta.

Su questi incontri erano intervenuti i legali del calabrese sostenendo che: "Andrea Agnelli e Rocco Dominello si sono incontrati più volte, come spesso accade tra il presidente di una squadra di calcio e il rappresentante di un gruppo ultrà e sono stati incontri leciti, alla luce del sole".

In Antimafia, nelle scorse settimane, sono stati ascoltati, per questo, il Procuratore della Figc e il legale della Juventus.

Il procuratore Giuseppe Pecoraro è tornato ieri in Commissione Antimafia, per chiarire il giallo su una intercettazione in cui è scritto: "Hanno arrestato due fratelli di Rocco (Dominello, ndr). Lui è incensurato.

Noi parliamo con Rocco". Oggi, nel corso dell'audizione, è stato precisato che alla conversazione non ha partecipato il presidente Agnelli ma che la telefonata è intercorsa tra l'ex capo del marketing Francesco Calvo e il security manager bianconero, Alessandro D'Angelo. "Noi - si è giustificato Pecoraro - abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza" fra Agnelli e Dominello, "ma probabilmente era del pm quella frase.

Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero".

"Pecoraro ammette oggi che in quella telefonata non si sta parlando del presidente della Juve" ha continuato la Bindi sottolineando che "non sta a noi accertare i reati, nelle responsabilità sportive ma registrare il fenomeno perché la realtà dello sport e del calcio in questo paese non sia condizionata dalla criminalità. Se questa arriva persino alla Juve c’è da drizzare le antenne”.