"Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa". La frase è contenuta in un celebre monologo cinematografico di Stefano Accorsi ed è estremamente veritiera. Ancora oggi la 'Grande Inter' degli anni '60 è un mito inarrivabile per chi ne ha vissuto le imprese sportive e per chi, più giovane, ha visto quelle immagini in bianco e nero così dense di fascino. Ci sono state altre Inter 'belle in maniera diversa", quella del Triplete ad esempio, capace di un'impresa sportiva che non era riuscita nemmeno allo squadrone di Helenio Herrera.

L'Inter di oggi guida la classifica del campionato di Serie A ed è uscita indenne, pur con qualche difficoltà, dalla trasferta nella tana della Juventus. Luciano Spalletti ed i suoi giocatori continuano a non pronunciare la parola 'scudetto', nel calcio conta parecchio la scaramanzia ed in fin dei conti non è nemmeno finito il girone d'andata. Eppure c'è qualcuno che quella parola ha il coraggio di dirla a chiare lettere: di scudetti Sandro Mazzola ne ha vinti tanti, quattro da giocatore ed uno da dirigente sportivo. Lo abbiamo contattato telefonicamente ed è stato disponibilissimo a concedere un'intervista in esclusiva a Blasting News Italia.

'Una squadra che gioca da Inter'

La nostra prima domanda è secca: è un Inter da scudetto?

Mazzola non ha il minimo dubbio: "Assolutamente si, la vedo con la testa giusta, con la giusta determinazione. È una squadra da scudetto. Mi piace il modo in cui i giocatori scendono in campo ed interpretano la partita - continua il mitico 'Baffo' - con grande temperamento e voglia di fare, un atteggiamento da Inter". L'ex stella nerazzurra spende parole di elogio per Mauro Icardi.

"Quest'Inter ha un giocatore che se la metti bene là davanti, lui la butta dentro. I compagni lo sanno e questo dà alla squadra una certa tranquillità e la fa giocare senza apprensione. È una cosa molto importante: avercene di giocatori così".

I paragoni con il passato

Fare un paragone con la 'Grande Inter' è piuttosto pretenzioso, L'Inter di Spalletti deve ancora dimostrare fino in fondo di che pasta è fatta.

Ma vogliamo chiedere lo stesso a Sandro Mazzola se questa squadra può ricordare in qualche modo le 'sue' Inter, quelle vissute da giocatore ed anche da dirigente sportivo. "Non credo si possano fare paragoni, semplicemente perché parliamo di epoche diverse ed il modo in cui tutti giocano oggi è differente. Ma questa squadra ha comunque qualcosa in comune con le 'mie': la determinazione e la voglia di vincere". Spontaneo, pertanto, alla luce dei cambiamenti del calcio nel corso degli anni, chiedere se un giocatore come lui che ha scritto la storia dello sport italiano si vedrebbe bene anche nel calcio di oggi. "Mi vedrei benissimo. Quando entri sul terreno di gioco tutto il resto non conta, esisti solo tu, i compagni e gli avversari.

È un qualcosa che ti prende dentro e ti trascina: conta solo la voglia di emergere, di vincere, di essere il più bravo. Questo ero io quando entravo in campo ed in questo il calcio non è cambiato".

Il flop Mondiale della Nazionale Italiana

Scontato parlare anche di un'altra maglia che ha rappresentato pagine importanti nella carriera di Sandro Mazzola, quella azzurra della Nazionale. Un azzurro oggi sbiadito, a causa dell'eliminazione nelle qualificazioni mondiali che ha impedito all'Italia di giocare la fase finale della Coppa del Mondo in Russia. Sulle cause di questo fallimento, Mazzola ha un'idea precisa. "Il settore giovanile ha sofferto moltissimo della presenza di tanti stranieri. I ragazzi vanno meno ad allenarsi, hanno meno fame di calcio e quindi poi la selezione ti porta meno ragazzini che diventano giocatori.

Con la presenza di troppi stranieri ci sono meno posti in squadra per i giovani dei vivai, molti dei quali magari finiscono per scoraggiarsi e smettono. Ci sono tanti ragazzi che si perdono per strada proprio per questo motivo". Lui visse da calciatore il flop Mondiale del 1966, l'eliminazione dell'Italia al primo turno ad opera della Corea del Nord. La figuraccia portò la Federazione alla decisione drastica di chiudere le frontiere a partire dalla stagione 1966/67. Un 'embargo' che terminerà soltanto nel 1980, dopo la stagione caratterizzata dal dodicesimo scudetto dell'Inter con Sandro Mazzola nel ruolo di direttore sportivo: fu l'ultima squadra interamente composta da giocatori italiani a vincere il titolo.

"A distanza di tanti anni - dice in proposito - sono convinto che quella della Federcalcio fu una scelta giusta perché con i giocatori che arrivavano dall'estero e che dovevano giocare per forza di cose, si finiva per penalizzare altrettanti ragazzi dei settori giovanili che non trovavano posto nelle rose e non giocavano mai in prima squadra. In tanti hanno smesso per questo motivo".

I 75 anni del 'Baffo' più celebre del calcio italiano

Il calcio italiano lo ha celebrato di recente in occasione del suo 75esimo compleanno (è nato a Torino l'8 novembre del 1942), ricordando le sue gesta sportive con la maglia dell'Inter e della Nazionale. Il nerazzurro è una seconda pelle per Sandro Mazzola, visto che lo ha indossato per tutta la durata della sua carriera dal 1960 al 1977, per un totale di 565 partite ufficiali e 160 gol.

Con l'Italia ha invece disputato 70 gare ufficiali realizzando 22 reti. Siamo in ritardo ormai con gli auguri di compleanno, abbondantemente in tempo per quelli di Natale, ma gli chiediamo anche di fare il suo personale augurio all'Inter ed ai suoi tifosi. "Niente auguri - ci risponde ridendo - perché portano 'rogna'. Ai giocatori dell'Inter dico soltanto di continuare così, fino alla fine".