Quando si parla di calcio, è inutile negarlo, salta subito in mente una concezione maschilista e retrograda dello sport più popolare del nostro paese. Con l’Italia fuori dai mondiali, le dimissioni del presidente FIGC uscente Carlo Tavecchio e il tamtam mediatico sulla bufera post-Svezia, il nostro paese non ha fatto altro che parlare di risultati negativi e delusioni sportive. Ma c’è una realtà che in silenzio e senza destare nei media e nella politica sportiva l’attenzione che meriterebbe, sta conquistando importanti successi dal punto di vista calcistico e umano.

La Nazionale di calcio femminile, infatti, il 28 novembre si è portata a un passo dalla qualificazione ai mondiali di Francia 2019 battendo per 1-0 il Portogallo. La Nazionale non si qualifica alla competizione dal 1999, per cui se da una parte abbiamo incassato un’enorme delusione a causa dell’Italia di Ventura, d’altro canto avremmo da gioire per l’incredibile impresa della compagine femminile guidata da Milena Bertolini. Avremmo, appunto, perché in realtà la partita delle Azzurre non era nemmeno visibile in televisione. Ma perché la Rai non copre eventi sportivi che sarebbe comunque autorizzata a trasmettere?

Gli interessi e le imparità intorno allo 'sport che conta di più'

La partita della Nazionale di calcio femminile è stata trasmessa solo sulla pagina Facebook della FIGC.

Nessuno, se non gli appassionati e chi ne fosse davvero al corrente, avrebbe potuto vedere il match sui canali nazionali. Ma sarebbe ipocrita svegliarsi solo per l’ultima partita: le inadempienze della Rai nei confronti delle Azzurre vanno avanti dall’inizio della loro avventura verso Francia 2019.

Per questo motivo ASSIST, l’Associazione Nazionale Atlete, si batte da sempre per il sacrosanto diritto della Nazionale femminile di essere seguita ed apprezzata come la sua controparte maschile.

In ogni caso, la migliore arma contro l’indifferenza è proprio tenere alta l’attenzione: a supportare la Nazionale su Facebook e Twitter sia il profilo ufficiale della Nazionale Italiana, sia la parlamentare Daniela Sbrollini con una petizione su Change.org. Anche ASSIST stessa ha postato una foto delle ragazze vittoriose al termine dell’incontro.

Piccoli passi, se confrontati all’enorme mole di notizie e contenuti mediatici che ogni giorno invadono i canali sportivi e i quotidiani riguardo allo sport principe in Italia, che oltre ad oscurare gli altri sport di pari dignità, discrimina anche per genere.

Le colpe delle istituzioni, l’indifferenza di chi potrebbe cambiare

L’annosa questione degli spazi radiotelevisivi destinati agli sport che non siano il calcio maschile, da sempre argomento di discussione per federazioni ed emittenti, dovrebbe passare con maggior veemenza ai tavoli della politica. La Rai infatti non è la sola responsabile di questo “oscurantismo” degli altri sport, ma è un tassello di un più complesso e generalizzato mosaico.

Luisa Rizzitelli di ASSIST fa notare che in Italia vige ancora una legge sul professionismo sportivo del 1981, che definisce professionisti i soli uomini praticanti calcio, pallacanestro di serie A1, golf e ciclismo su strada.

Il calcio femminile, la pallanuoto, la pallacanestro di serie inferiori, la pallamano, sono tutte discipline che meriterebbero una copertura maggiore senza differenza di genere o di pubblico, in quanto assolutamente capaci di veicolare valori, emozioni e (perché no) grandi numeri di audience. Ma se leggi e conseguenti comportamenti mediatici non ne promuovono la diffusione, questi sport non potranno mai attirare né i grandi investitori né le nuove leve, che saranno sempre più escluse dai movimenti in quanto difficilmente queste realtà riescono ad autoalimentarsi ed autofinanziarsi.

Se solo qualcuno si accorgesse della loro esistenza, potremmo tifare per gli Azzurri e per le Azzurre e gioire un po’ di più, a prescindere dalla presenza o meno di un pallone nello sport che guardiamo. Perché un’emozione non ha genere o categoria.