Greenpeace, che tutti conosciamo come una associazione internazionale per la difesa dell'Ambiente, in realtà sarebbe una multinazionale che cerca di fare profitti multimilionari e che fa pure speculazioni finanziarie.

Già una ventina d'anni fa il regista islandese Magnus Gudmundsson, autore di un documentario che fece scalpore su Greenpeace, aveva fatto menzione dell'aspetto lucrativo di questa organizzazione ed ora il quotidiano tedesco Der Spiegel rileva un fatto clamoroso. Greenpeace International, che ha la sua sede ad Amsterdam, ha 40 sedi nazionali, ha perso ben 3,8 milioni di euro in una spregiudicata operazione finanziaria: una scommessa contro l'euro.

I vertici della multinazionale in difesa dell'ambiente hanno ammesso la perdita attribuendola ad una operazione fatta da un loro collaboratore ora allontanato dalla società. Il tentativo di minimizzare il fatto è ridicolo in quanto Greenpeace è retta da un comitato di dodici persone, grandi Elettori, in rappresentanza delle sedi che maggiormente contribuiscono al mantenimento dell'organizzazione. Questi dodici Grandi Elettori sono gli unici a decidere, a prendere decisioni sia sulle campagne che debbono essere promosse e sostenute sia sulle modalità di utilizzo dei fondi raccolti.

La gestione di Greenpeace non è mai stata trasparente e sempre il quotidiano Der Spiegel, già nel 1991, aveva dimostrato l'esistenza di diverse società ombra controllate al 100% da Greenpeace, ma nei bilanci ufficiali non se ne faceva alcuna menzione.

Greenpeace in tal modo poteva continuare ad essere considerata una organizzazione internazionale senza scopo di lucro e quindi poteva accedere alle esenzioni fiscali.

Il documentario della televisione danese, fatto nel 1993, aveva dato notizia dell'esistenza di una serie di conti bancari segreti sui quali transitavano decine di milioni di dollari provenienti dalle varie donazioni per le campagne messe in atto e che l'accesso a tali conti correnti era riservato soltanto ai leaders al vertice della multinazionale.

Il grave è che questi soldi venivano spesso usati in operazioni poco chiare e pare pure per finanziare gruppi di eco-terroristi.

Uno dei fondatori di Greenpeace, Patrick Moore, che ha lasciato l'organizzazione nel 1986, sostiene che l'interesse genuino e puro per la difesa dell'ambiente è svanito da ormai moltissimi anni ed anzi ha accusato l'organizzazione di crimini contro l'umanità. Greenpeace la fine di un mito di un sogno. Quanta amarezza stiamo provando nel vedere che il vil denaro prevale anche sui più nobili sentimenti, si infila anche nelle organizzazioni benfiche.