Il presidente iraniano Hassan Rouhani dà seguito alla promessa fatta ad al-Maliki di fornire "pieno sostegno" al governo iracheno e in aggiunta all'invio dei Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione Islamica) fornisce alle forze armate di Baghdad diversi bombardieri Su-25 di fabbricazione russa, aerei che si sommano a quelli forniti dalla stessa Russia e dalla Bielorussia.

Nei cieli dell'Iraq in questo momento stanno volando anche i droni americani che, seppur dovrebbero essere impegnati in missioni di ricognizione e raccolta informazioni, sono stati armati come per missioni di combattimento.

Il sostegno internazionale fornito al presidente Nuri al-Maliki potrebbe però avere effetti controproducenti: i soldati sunniti dell'esercito iracheno, che vedono i propri superiori sciiti come corrotti e l'Iran come il nemico di sempre, hanno aumentato le diserzioni e il sedicente califfo Abui Bakr al-Baghdadi ha gioco facile nel convertirli alla propria causa. Inoltre i circa 4.000 jihadisti stranieri del neonato califfato (stima U.S.A.) sono comandati da un 28enne ceceno, Omar al-Shishani, che è veterano della guerriglia contro i russi e conosce bene gli armamenti forniti recentemente all'aeronautica di Baghdad.

Il conflitto sembra radicalizzarsi nello scontro millenario tra sciiti e sunniti mentre Massoud Barzani, presidente del settentrione curdo del paese, afferma di voler rimanere neutrale annunciando la richiesta di "indipendenza formale" della regione poiché "è evidente che l'Iraq si sta sgretolando".

Il pericolo maggiore è che le truppe dello Stato Islamico, attuale denominazione dell'ambizioso califfato, utilizzino il piccolo tesoro saccheggiato dalle banche e le forniture militari presenti nelle zone conquistate per aumentare la propria già considerevole capacità offensiva.