Sono mesi che non si fa altro che parlare di virus Ebola, dei rischi che si corrono e dei vari casi in giro per il mondo; in Italia, finora, abbiamo solo avuto qualche falso allarme, con gente che, accusando malori di vario genere, si riteneva fosse contagiata, anche a causa della psicosi dilagante che ormai fa credere alla gente di vedere gli effetti del virus dappertutto,
Non sappiamo dire se l'episodio accaduto due giorni fa a Roma, riportato dal Messaggero e ripreso anche da siti internazionali con un certo seguito, vedi quello di Russia Today, sia collegabile direttamente a questa psicosi, o se il virus sia stato solo un pretesto per scatenare le pulsioni razziste delle persone coinvolte, ma di certo quanto accaduto deve far riflettere.
I fatti, così come riportati dai media, si sono svolti così: all'interno di un autobus di linea siede Fataomata Sompare, 26 anni e originaria della Guinea; una ragazza ad un tratto le dice di spostarsi perchè ha paura che la contagi col virus Ebola e nasce un alterco; dalle parole ai fatti, il passo è brevissimo, con alcuni parenti della ragazza che aggrediscono fisicamente e picchiano la giovane africana, la quale viene soccorsa dalle persone presenti alla fermata dell'autobus, vicino Grotte Celoni, periferia della Capitale, e portata in ospedale.
La giovane Fataomata ha ribadito le accuse, dicendo che le è stato intimato di scendere dall'autobus a causa della sua "malattia"; Alessandro Corbelli, il convivente della donna guineana, sempre secondo Russia Today, ha dichiarato che la sua compagna è stata vittima del razzismo ormai dilagante nella città di Roma, e che è stata attaccata solo perchè nera.
L'episodio di Grotte Celoni va ad aggiungersi a quello della ragazzina lasciata fuori da scuola, Chanel, una bimba di 3 anni che, di ritorno da un viaggio in Uganda con la famiglia, ha sbattuto il muso contro l'intransigenza delle mamme degli altri alunni di una scuola di Fiumicino, che pretendevano che la piccola tornasse in aula solo dopo i 21 giorni che rappresentano il periodo massimo di incubazione del'Ebola.
Il padre di Chanel, un carabiniere che per lavoro si sposta frequentemente nel continente africano, ha fatto notare che l'Uganda non è uno di quei paesi colpiti dal virus e che comunque tutte le analisi del caso erano state fatte dall'intera famiglia; per la cronaca, Chanel, grazie anche all'intervento della preside, è potuta rientrare a scuola dopo una settimana, passata a far calmare la situazione.
Insomma, episodi che confermano l'autentica psicosi che si è generata intorno al virus Ebola, in Italia e non solo, che, se in alcuni casi può essere genuina e comprensibile, in altri è solo un amplificatore dell'intolleranza di alcuni nostri connazionali.