Malgrado la titubanza e l'inattività turca nei confronti dei duri combattimenti affrontati dai curdi contro i miliziani jihadisti a Kobane, città di confine tra la Siria e la Turchia, il presidente Recep Tayyip Erdogan consiglia alla coalizione occidentale di procedere con azioni di terra. Solo così si potrà arginare l'avanzata dell'Isis. Sebbene i combattimenti a Kobane continuino per le strade e i raid della coalizione bombardino obiettivi strategici della città in mano agli miliziani, ormai quest'ultima è considerata caduta nelle mani jihadiste.

L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ha riportato che i miliziani hanno innalzato la bandiera nera nel quartiere di Maqtalah, nell'est della città e si sarebbero impossessati di vaste aree sull'altopiano di Mashtah Nur.

E la Turchia? "Armiamoci e partite"?

Sebbene Erdogan abbia consigliato l'attacco via terra agli alleati e il governo turco abbia messo come condizione per la sua partecipazione alla guerra contro l'Isis la destituzione di Assad, la Turchia sta ancora a guardare, senza intervenire. Guardando al passato e alle strategie diplomatiche turche non deve sorprendere questo atteggiamento, volto a tenere i piedi in due staffe. La diplomazia turca infatti si basa su di una strategia volta a mediare tra più parti al fine di ottenere il massimo vantaggio possibile (per comprendere questa strategia è sufficiente richiamarsi, per esempio, al Trattato di Losanna (1923), e alle relazioni tra Turchia e Germania durante il XX secolo).

Qui la storia sembrerebbe ripetersi: la Turchia, da un lato teme lo sfondamento del confine siriano da parte dell'Isis in quanto sarebbe costretta, volente o dolente a muovere i suoi carri armati. Così facendo però non potrebbe più mediare diplomaticamente con l'Isis per il rilascio di eventuali ostaggi. Inoltre dichiarare apertamente guerra all'Isis significherebbe mobilitare l'esercito in quanto la Turchia ha l'Isis praticamente quasi in casa. Il consiglio quindi di intervenire via terra andrebbe a chiudere il teorema della strategia diplomatica turca.