Sua madre è la cugina di Matteo Messina Denaro, il boss dei boss, latitante da ventidue anni. Lui si chiama Giuseppe Cimarosa, ha 32 anni, e quel cugino di sua madre non l'ha mai visto. Ne ha solo sentito parlare, sottovoce, come se fosse un'ombra. Una parentela che pesa come un macigno su di lui, sulla sua famiglia, sulla possibilità di vivere una vita tranquilla. E che più volte l'ha indotto a lasciare il suo paese, Castelvetrano, regno indiscusso del nuovo capo di Cosa nostra. Per questo adesso Giuseppe Cimarosa ha deciso di non essere più "il cugino del boss", di ripudiarlo, di prendere pubblicamente le distanze da quel cognome: Messina Denaro.

L'ha fatto alla "Leopolda sicula", convention del Pd Sicilia organizzata da Davide Faraone lo scorso 28 febbraio. "Sono Giuseppe Cimarosa, ho 32 anni, e il mio problema è una parentela che è una maledizione ovunque tranne che nel mio paese, Castelvetrano" - ha esordito.

La presenza ingombrante, seppur lontana, di quel parente mafioso nascosto chissà dove, ha avuto ripercussioni traumatiche su Giuseppe Cimarosa. Era appena adolescente quando suo padre, Lorenzo Cimarosa, venne arrestato per la prima volta, con l'accusa di avere contatti con U siccu, com'era soprannominato il boss per via della sua costituzione fisica. La promessa fatta da un figlio ancora non del tutto cosciente: papà, non lo fare più.

E invece, l'anno scorso, un nuovo arresto, nell'operazione Eden, insieme ad altri fiancheggiatori del boss. Stavolta però il padre decide di collaborare con la giustizia. "Sono stato per la prima volta un figlio fiero" - ha detto Cimarosa, sempre dal palco della Leopolda.

Latitante dal '93, Matteo Messina Denaro è ricercato per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.

Mica roba da poco. La prima denuncia nell''89, nel '91 l'omicidio di Nicola Consales, proprietario di un albergo a Tricina, che alla sua impiegata austriaca (nonché amante di Messina Denaro, ma questo, lo "sventurato", non poteva saperlo) aveva solo detto di essersi stancato di "quei mafiosetti sempre tra i piedi". Aveva parlato troppo Consales, aveva "sgarrato": un errore che gli è costata la vita.

Ma l'omicidio forse più efferato è quello di Vincenzo Milazzo e della sua compagna Antonella Bonomo, strangolata barbaramente: era incinta di tre mesi. U siccu era anche nel gruppo di lavoro mandato da Riina a Roma per preparare l'attentato Giovanni Falcone e che fu poi richiamato a Palermo perché Totò u curtu aveva cambiato idea sulle dinamiche della strage al magistrato.

Se a un solo nome è legata tale violenza, così tanti episodi fuori da qualunque tipo di legalità o civiltà, non stupisce che un parente, seppur dal cognome diverso, da quel legame voglia prendere le distanze. Decisione che, nel 2013, era già stata presa dalla figlia del boss latitante. Una figlia che, quel padre di cui tutti parlavano, non l'aveva mai visto se non in foto, ma che viveva nella stessa casa dove quel padre era cresciuto.

E che, a 17 anni, ha detto basta. "Voglio dire ai ragazzi come me, che hanno avuto il fuoco in casa tanto da sentirne il calore, anche quando Cosa nostra impregna le pareti di casa, proprio loro devono dare un taglio". Così ha concluso Giuseppe Cimarosa.