Barbagallo, oggi 65enne, era titolare di una ditta di trivellazioni nel comune di Limbadi (Vibo Valentia), ma finì nel mirino della 'ndrangheta, che gli chiedeva il pizzo.
La vicenda
In quella zona ha la sua base il famigerato clan Mancuso, uno dei più pericolosi d'Italia - sarebbe coinvolto anche in Mafia Capitale -. Esso costringeva l'imprenditore a scavare pozzi gratis sui suoi terreni, si è impadronito dell'azienda che gli apparteneva riducendola in bancarotta e alla fine si è pure approfittato della situazione per sottrarre la casa alla sua vittima in un'asta giudiziaria truccata.
Stanco di subire, il 3 marzo del 2007 Salvatore Barbagallo si è rivolto alle autorità per denunciare il racket facendo i nomi di una decina di Mancuso. Ora però vive in povertà: non ha più la ditta, lavora come badante e la sua richiesta di accedere all'indennizzo per gli imprenditori che denunciano il malaffare - cosa rara dalle sue parti - non ha avuto esito. Inoltre il processo contro i malviventi che l'hanno rovinato, non ha ancora avuto inizio. L'ex imprenditore ha continuato a chiedere giustizia - recentemente ha anche inviato un memoriale al viceministro dell'Interno Filippo Bubbico - e la procura antimafia lo chiama regolarmente per testimoniare contro la 'ndrangheta, ma per una serie di problemi burocratico-giudiziari la sua vicenda non si è ancora conclusa e ora rischia di cadere in prescrizione.
I testimoni non sono nemmeno stati ascoltati, l'iter è bloccato e non è neanche stato mai ipotizzato il reato di estorsione che consentirebbe a Barbagallo di fare domanda per l'indennizzo.
Gli aiuti e l'appello a Rosy Bindi
Da almeno un anno l'ex imprenditore può contare per sopravvivere solo sulle donazioni del Banco Alimentare, di una parrocchia e della Caritas.
Ha anche scritto a Papa Francesco e il clero locale è informato della sua situazione.
Per la disperazione alle sei di sera del 19 maggio, Salvatore ha deciso di stendersi per strada nel centro di Limbadi, dove quel giorno si trovava la commissione parlamentare antimafia guidata da Rosy Bindi, e per qualche minuto ha impedito all'auto della presidente di muoversi.
Bindi è scesa dal mezzo, ha ascoltato le richieste dell'uomo - dopo averlo aiutato ad alzarsi da terra - e gli ha lasciato il numero del suo ufficio. Il legale di Barbagallo, Giacinto Inzillo, 35 anni - che ben comprende la situazione anche perché guadagna con gli indennizzi dei testimoni - ha fatto sapere che in seguito il suo assistito ha scritto a Rosy Bindi e che l'antimafia ha risposto contattando il prefetto di Vibo Valentia, ma per ora non ci sono novità.