Grida di sollievo ed esultazione hanno riempito ieri 15 luglio le aule del tribunale di Milano. Erano le grida dei parenti delle vittime della Pirelli, almeno così ha stabilito il giudice della sesta sezione penale del Tribunale di Milano Raffaele Martorelli.

Sentenza storica: omicidio colposo

Alla sentenza di condanna si è giunti dopo numerose udienze nelle quali il pubblico ministero Maurizio Ascione aveva cercato, riuscendoci, di dimostrare la responsabilità di 11 ex dirigenti della Pirelli a capo della società nel consiglio d'amministrazione negli anni 70 ed 80.

Secondo l'accusa, una ventina di operai che lavoravano in azienda, si sono ammalati di tumore o sono morti per mesotelioma pleurico, a causa della mancanza di protezioni all'interno degli stabilimenti. I metalli come l'amianto o come il piombo, recentemente trovato negli spaghetti indiani della Nestlé, sono stai messi in relazione con gravi forme tumorali e con la morte.

Tutte le condanne, e al via la commissione parlamentare sull'uranio impoverito

Questa storica sentenza arriva pochi giorni la notizia dell'approvazione dell'istituzione di una commissione parlamentare sull'uranio impoverito che cercherà di far luce sulle morti dei nostri militari nelle missioni estere. Come riporta l'ansa, le condanne sono state così decise: assoluzione per  3 ex manager (Gabriele Battaglioli, Roberto Picco e Carlo Pedone).

Condanne per gli amministratori delegati "Ludovico Grandi a 4 anni e 8 mesi, e per Gianfranco Bellingeri a 3 anni e 6 mesi. Condanne per Guido Veronesi (6 anni e 8 mesi), fratello dell'oncologo ed ex ministro Umberto Veronesi, Gabriele Battaglioli (3 anni), Piero Giorgio Sierra (6 anni e 8 mesi), Omar Liberati (3 anni e 6 mesi), Gavino Manca (5 anni e 6 mesi), Armando Moroni (3 anni), Roberto Picco (3 anni), Carlo Pedone (3 anni) e Luciano Isola (7 anni e 8 mesi)".

L'unione fa la forza e il padrone viene sconfitto 

"Abbiamo dimostrato che uniti si vince. Questa volta siamo riusciti a far condannare il padrone". Con queste parole gli esponenti di Medicina Democratica e dell'Associazione italiana esposti amianto, hanno commentato la sentenza. Entrambe le associazioni si erano costituite parti civili nel processo.

L'avvocato Laura Mara, legale dell'Associazione italiana esposti amianto, ha detto: "siamo estremamente soddisfatti, finalmente il Tribunale di Milano ha riconosciuto che morire sul lavoro è un reato". Più di 500mila euro, certo non sufficienti a restituire la vita a chi non c'è più, sono stati calcolati per le parti civili, più il risarcimento dei danni ancora da quantificare in sede civile. Una grande vittoria per i lavoratori e per le loro famiglie.