Papa Francesco,durante l’Angelus di domenica 6 settembre, ha chiesto alle parrocchie, alle comunità religiose e ai monasteri di tutta Europa di accogliere almeno una famiglia di rifugiati.Per cominciare e per dare il buon esempio, nei prossimi giorni, anche le due parrocchie interne al Vaticano, quella di San Pietro e quella di Sant’Anna, ospiteranno dei profughi per dare loro una speranza concreta, e non soltanto parole di conforto.
Si tratta, da parte del Pontefice, di un appello a tutta la Chiesa ad agire in maniera concreta nei confronti dei profughi, anche come preludio al Giubileo della Misericordia che inizierà tra poche settimane.
Sempre ieri, nel messaggio inviato all’incontro interreligioso di Sant’Egidio che si svolge a Tirana, il Papa ha detto che “è violenza anche alzare muri e barriere contro chi cerca un luogo di pace, ed è violenza allargare il fossato tra chi spreca il superfluo e chi è senza il necessario”.
Le reazioni nella Chiesa
Il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, benché colto di sorpresa dall’annuncio del Papa, ha detto che “la Chiesa è pronta a mobilitarsi per l’accoglienza”.Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, ha proposto di istituire, a livello europeo, una sorta di “sponsorship” per consentire a ogni privato cittadino, a ogni associazione e a ogni parrocchia di “farsi garanti dell’accoglienza ospitando persone singole o famiglie intere direttamente dalle zone a rischio”.
Per ora, l’unica voce stonata in risposta all'appello umanitario del Papa arriva dall’Ungheria, dove il cardinale Peter Erdoe, arcivescovo di Esztergom, ha detto di non poter accogliere migranti perché ciò potrebbe essere qualificato come illegale traffico di esseri umani.
Intanto Vienna organizza i “convogli della solidarietà”
Dopo essersi accordati sui social network, circa trecento austriaci e tedeschi sono partiti, con un corteo di auto, da Vienna per raggiungere Budapest e per poter trasferire poi, in questo modo, dei profughi in Austria.
Quello che è stato chiamato subito il “convoglio della solidarietà” è una specie di “ponte di macchine” che, percorrendo una distanza di circa duecento chilometri tra Vienna e Budapest, favorirà in condizioni più sicure il trasferimento dei profughi, ma gli organizzatori di questo convoglio rischiano, per ironia della sorte, di essere accusati di traffico di esseri umani.