Chi continua a paventare ipotetici attacchi terroristici verso obiettivi europeinon ha forse guardato con mente lucida la situazione internazionale. Per lo Stato Islamico è probabilmente il momento più critico della sua breve storia. Secondo fonti vicine al governo di Damasco, infatti, l'esercito siriano (attualmente impegnato nella riconquista di Aleppo eliminando le sacche di resistenza dei ribelli e le milizie jihadiste) sta puntando direttamente ad una delle città simbolo dell'Isis in quella parte della Siria annessa al Califfato. Le truppe di Assad sarebbero in marcia verso Raqqa.

Il rais vuole mantenere la sua promessa

"Riconquisterò tutta la Siria", aveva promesso Bashar al-Assad e, considerata la disparità di forze in suo favore, potrebbe decisamente riuscirci se consideriamo che l’esercito di Damasco può contare anche sulla presenza di Hezbollah libanesi, Pasdaran iraniani ed è protetto dall'aviazione russa. Assad si rivela lungimirante in questa sua mossa che non è certamente avventata. In questo modo avrebbe la scusa di proseguire le azioni militari anche dopo l'entrata in vigore del "cessate il fuoco" previsto dal 19 febbraio dagli accordi di Monaco ed oltretutto, liberando i territori occupati dall'Isis, impedirebbe di fatto l'entrata in campo di uno scomodo vicino.

L'intenzione dell'Arabia Saudita di entrare nel conflitto con la motivazione ufficiale di combattere lo Stato Islamico è ben nota, senza la presenza ingombrante dei jiahdisti non ci sarebbe bisogno di ulteriori truppe di terra. Se consideriamo che il governo saudita ha espresso chiaramente la sua volontà politica di una "Siria senza Assad", possiamo oggi affermare che il rais sta vincendo la sua guerra e non soltanto contro l'Isis.