I terroristi dell’ISIS hanno colpito Assad, Tartus e Jablehcon sette attacchi suicidi e autobombe. Alcune autobombe sono state piazzate a pochi chilometri dall'aeroporto di Latakia e sulla costa della Siria rivendicati dall'agenzia di stampa Amaq News. L'attacco a Tartus è stato fatto con un'autobomba piazzata in un parcheggio e due attentatori suicidi che si sono fatti saltare in aria ammazzando 58 persone. A Jableh tre kamikaze si sono fatti esplodere contemporaneamente ad un'autobomba causando la morte di 53 persone. È la prima volta che la roccaforte di Assad viene colpita in questa maniera e la rivendicazione dei terroristi parla proprio di un attacco contro gli alawiti.
Attacco ISIS, la preoccupazione di Mosca
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha espresso preoccupazione, nonostante i colloqui di pace che sono stati fatti nei giorni scorsi questo nuovo attacco terroristicoavrà forti ripercussioni in tutto il mondo. La violenza è ripresa e il ministro siriano Al Zoubi ha dichiarato alla televisione di Stato che la nazione non si lascerà intimidire. Nei giorni scorsi Mosca aveva annunciato che sarebbero stati fatti dei nuovi raid nei confronti dei ribelli religiosi ed era sempre intervenuta in passato con le forze militari al fianco dell'alleato Assad. Le azioni militari sono partite anche dalla base aerea di Latakia e dal 10 febbraio ad oggi sarebbero stati colpiti più di 1500 obiettivi per distruggere l’ISIS.
A marzo di quest'anno Putin ha fatto ritirare alcuni militari presenti nella zona dopo che la città di Palmira è stata liberata dai terroristi. Gli jihadisti hanno perso circa il 20% dei territori occupati nella zona secondo una stima del Pentagono, però continuano a mantenere il controllo di tutta l'area centrale e della città di Al Raqqa.
Le città costiere del regime di Damasco sono state colpite simultaneamente da sette esplosioni, i morti per il momento sono 121 e ci sono numerosi feriti gravi. L'obiettivo dei terroristi è il gruppo religioso islamico di cui fa parte anche il presidente siriano Bashar al Assad.