Non si placa la protesta che dilaga in Francia. I francesi sono indignati e lo dimostrano apertamente, a causa di una riforma del lavoro simile al Jobs Act, approvato in Italia senza colpo ferire, che concede libertà di licenziare agli imprenditori, annullando i contratti di categoria e privando i Sindacati della loro forza contrattuale nel negoziare gli accordi. Una riforma copia ed incolla, quella del “Loi Travail, ” approvata dal Governo del Presidente, bypassando il Parlamento tramite l’Art. 49 comma 3 della Costituzione francese. Una manovra che ha fatto infuriare i parigini, che non ci stanno ad essere privati dei loro diritti fondamentali e non intendono fare marcia indietro.
Nemmeno Hollande ed il ministro Valls sembrano prendere in considerazione la possibilità di rivedere una legge che rischia di accendere ancora di più gli animi e di far precipitare il Paese nel caos.
Dopo gli indignados è la volta dei sindacati
Dopo le proteste degli indignados “Nuit Debout”che avevano occupato place de la Republique, adesso il presidente dell’Eliseo dovrà fare i conti con sindacati e lavoratori che affilano le armi della protesta, bloccando depositi e raffinerie che stanno provocando il panico degli automobilisti in coda davanti alle pompe di benzina per non rimanere a secco. Seppur Hollande parli di frange minoritarie che stanno tenendo sotto scacco la Francia, la protesta sta contagiando altri settori di lavoratori, come i ferrovieri che incroceranno le braccia entro il 31 maggio, mentre per il 2 e 3 giugno si prevede lo sciopero di metro e bus parigini e subito dopo quello dell’aviazione civile.
Non si tirano indietro nemmeno i lavoratori della centrale nucleare Nogent sur Seine che entro il prossimo giovedì fermeranno la produzione di energia elettrica.
Braccio di ferro tra sindacati e governo
Di fronte a questo schieramento di manifestanti veramente indignati, facciamo fatica ad accettare la giustificazione di Hollande che si tratta di una piccola frangia di estremisti.
I parigini sono davvero arrabbiati di brutto e non ci stanno a vedersi privati dei loro diritti dopo anni di lotte e dopo la rivoluzione del ‘68, che ha determinato una svolta sociale e culturale. Non si può tornare indietro, di conseguenza le forme messe in campo per dire “No” ad una riforma che cancella diritti si stanno estendendo a settori vitali, si parla di bloccare i ponti e persino i porti, punti di smercio nodali per lo stoccaggio di merci; infatti, se la protesta dovesse paralizzare i porti di Marsiglia e le Havre, c’è la possibilità che gli aerei rimangano a secco per mancanza di carburante.
Valori, diritti, diventano un muro contro le logiche finanziarie che stanno contaminando un’Europa che sa parlare solo il linguaggio dei numeri e non importa se a rimetterci siano masse di lavoratori sempre più escluse dai processi produttivi, private della dignità e della possibilità di determinarsi. Più che spinta libertaria all’interno di società sempre più liquide, è impossibile non pensare che siamo agli albori di una nuova involuzione. Difficile al momento capire come finirà la protesta e se sarà uno Tsunami o soltanto un’onda agitata dal vento sbattuta a riva.