Gaetano Saffioti è un ribelle di Calabria. Uno dei primi e uno dei pochi che hanno sfidato a muso duro lo strapotere delle cosche di ‘ndranghetadella Piana di Gioia Tauro. Un imprenditore che ha deciso di denunciare alla magistratura soprusi e vessazioni mafiose, dando il via alla storica operazione "tallone d’Achille", che nel 2002 ha portato all’arresto di numerosi capi clan e al sequestro di beni per decine di milioni di euro.

Una scelta difficile, in un tempo e in una terra ostaggi del silenzio e dell’omertà, che è costata un prezzo altissimo a Saffioti: da quel giorno vive sotto scorta.

Non solo. Da quel giorno, gli affari della sua impresa sonocolati a picco, e lavorare in Calabria è diventato sempre più difficile. Intorno a lui solo terra bruciata e saluti mancati. È ripartito dall’estero, riuscendo a mantenere aperta l’azienda a Palmi con i proventi degli appalti vinti fuori Italia. Perché in terra calabra, Saffioti neanche gratis riesce a lavorare. E la triste, ennesima conferma, arriva dal rifiuto del comune di San Ferdinando alla sua offerta di fornitura gratuita di ghiaia per la realizzazione della tendopoli che dovrà ospitare i migranti.

Offerta rifiutata

Sulla base del protocollo voluto dall’ex prefetto di Reggio Calabria,Claudio Sammartino, la tendopoli di San Ferdinando si amplierà con altre 44 tende "per garantire maggiore vivibilità e sicurezza agli immigrati".

Saffioti, interpellato dalla Prefettura, si è offerto di fornire gratuitamente la ghiaia per preparare il terreno. Un regalo da decine di migliaia di euro. Il 6 agosto l’imprenditore ha contattato i commissari prefettizi che amministrano il Comune di San Ferdinando dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, confermando la sua offerta e comunicando che dall’8 agosto la fornitura sarebbe potuta iniziare.

Poi il silenzio; dal Comune nessuna notizia, spariti, almeno con il testimone di giustizia. Questi, dal canto suo, apprende che sul cantiere quel materiale starebbe già arrivando. E, ovviamente non è il suo, ma quello di una ditta che non è nella white list e non sarebbe nemmeno in possesso della certificazione dei materiali.

La conferma arriva dal capo della Protezione Civile calabrese, Carlo Tansi, che invia una missiva al prefetto di Reggio Calabria, ai commissari di San Ferdinando e al presidente della Regione, in cui esprime perplessità sulle modalità di approvvigionamento del materiale misto e della ghiaia "atteso che, nonostante fosse stata interpellata per la fornitura la ditta Saffioti di Palmi, abbia successivamente provveduto a fornire il materiale richiesto una seconda ditta, la quale risulta non aver garantito materiale di qualità in relazione al suo utilizzo". A questo punto, dal Comune chiamano l’imprenditore, al quale comunicano che ci tengono alla sua fornitura, ma che la tipologia di materiale da fornire è cambiata.

Ora vogliono ghiaia spaccata,materiale che Saffioti non possiede e che, secondo lui, non va bene per quel tipo di utilizzo: "con la pioggia diventa sdrucciolevole", dice.

Il precedente con la Chiesa di Palmi

Non è la prima volta che Saffioti si vede rifiutare le sue offerte di aiuto gratuito a favore del territorio. Il precedente, se possibile, è ancora più inquietante, perché stavolta di mezzo c’è la chiesa.Qualche tempo dopo l’operazione "tallone d’Achille", la parrocchia locale aveva in progetto di costruire una struttura da destinare all’accoglienza dei poveri. Per iniziare quell’opera serviva, prima di tutto, movimentare la terra. L’imprenditore si offrì di effettuare gratis quel lavoro. Ma le cose andarono in un altro modo: "loro – racconta Saffioti – non solo hanno rifiutato la mia proposta, ma hanno preferito affidare l’incarico ad un’impresa in odore di mafia, pagandola profumatamente.

È stato un modo, anche quello, per disconoscere l’infame. Per prendere le distanze da me". Ed è così che la ‘ndrangheta cerca di uccidere senza sparare chi si oppone alle sue regole arcaiche e violente.