26 ottobre 2016. Alle 19:11 la terra ha tremato ancora nel centro Italia. Ancora le Marche, questa volta nel centro di Macerata. E il panico presto ha preso il sopravvento. Inevitabile, quando si hanno ancora negli occhi e nella mente le immagini del 24 agosto scorso. A poco più di 2 mesi di distanza, la stessa zona è ancora vittima della sorte.
3 scosse nel giro di 2 ore, dall'intensità tra i 4.8 e i 5.9 gradi della scala Richter, poi seguite da uno sciame sismico. Ma è il caso di andare oltre i numeri. Perché ci sono cose che le cifre non possono esprimere.
L'unico numero che ci importa davvero è quello 0 relativo alle vittime. C'è chi parla di fortuna, come se si potesse realmente trovare la buona sorte in questa disgrazia. C'è chi ringrazia tutti i santi per l'orario delle scosse, avvenuto in un momento in cui tutti erano svegli, al contrario del caso di Amatrice, e quindi pronti ad uscire dalle case. C'è chi già cerca un colpevole di qualche aiuto che è già sicuro di non ricevere. Parole dettate dalla paura, dalla frustrazione.
Oltre ai dati, oltre alle polemiche, c'è tanto altro che lascia questo Terremoto. Anche se purtroppo, a qualcuno non rimane più niente. Ed è questo l'aspetto più terribile della vicenda. Pochi secondi, e crollano case, sogni.
Attimi che cancellano anni di sacrifici. Il terrore che si espande a macchia d'olio, come un virus che danneggia la speranza nel futuro.Anche in questo caso da elogiare protezione civile e volontari. Perché gli italiani avranno tanti difetti, ma nella difficoltà si sono sempre caratterizzati da un forte senso di unità.
Il terremoto, nel far tremare la terra sotto i piedi, ha la capacità di far mancare equilibrio, sicurezza, alle persone.
Come è capitato allo stadio Adriatico di Pescara, distante pochi chilometri dall'epicentro. Perché il terremoto non fa distinzione. Nella disgrazia siamo tutti uguali, dai calciatori di Serie A agli abitanti di Ussita e Castelsantangelo. Tutti cittadini dello stesso paese, tutti aventi paure e aspirazioni. Quelle che ora mancano alle persone cui il sisma, oltre alla positività, ha tolto anche una casa.
Non ha nessun senso, o meglio, nessuna utilità fare polemica ora come ora. I colpevoli ci sono e pagheranno a tempo debito. Più importante ed impellente restituire dignità e un tetto a chi ora si trova a combattere anche col maltempo autunnale. Il governo, ma anche il popolo, è chiamato in causa. Siamo tutte vittime in disastri come questo. Ma chi può deve fare qualcosa.