La magistratura di Monaco, decisa e inarrestabile, starebbe ancora indagando sui responsabili vertici dell'azienda statunitense Facebook e sul suo fondatore Mark Zuckerberg. La motivazione sarebbe dovuta alla mancata rimozione dal social network di cui è capo, dei numerosi e minacciosi contenutiantisemiti, che hanno portato la negazione del genocidio ebraico avvenuto nella seconda metà del XX° secolo. Queste informazioni sono rese pubbliche dalla rivista settimanale investigativa tedesca, Der Spiegel, in cui si precisa che l'indagine sarebbe tutt'ora in corso e gestita dalla Procura di Monaco, anche contro l'attuale direttrice operativa di Facebook, Sheryl Sandberg e il vicepresidente Richard Allan, capo della politica pubblica Emea del social.
La risposta del social network
In seguito alle accuse della magistratura tedesca, che tutt'ora si starebbe interrogando sulle responsabilità della gestione di un tema così importante, giunge pronta la risposta di un portavoce del social Facebook che afferma: "Non commentiamo lo stato di una possibile inchiesta, ma possiamo affermare che queste accuse sono prive di valore e che non vi è stata nessuna violazione della legge tedesca da parte di Facebook e di alcuno dei suoi dipendenti. Sul nostro social non c'è posto per l'odio", e aggiunge: "Lavoriamo sempre a stretto contatto con i nostri partner e insieme lottiamo contro l'hate speech(incitamento all'odio)e per promuovere il count speech (stimolo al dialogo)".
La denuncia contro Facebook
L'indagine sul comportamento della piattaforma social avrebbe avuto inizio da una denuncia presentata aFacebookdall'avvocato Chan-jo Jun Wuerzburg; questi segnalava all'azienda le ripetute violazioni e la richiesta di rimozione dei contenutiantisemiti, ritenutiillegali perché riportanti all'Olocausto.
Le ripetute richieste non avrebbero però trovato l'assenso dei vertici, nemmeno in seguito alla denuncia presentata alla procura di Amburgo contro Mark Zuckerberg, Sheryl Sandberg e altri responsabili alla comunicazione del social in causa (denuncia che non proseguì, causa mancata competenza territoriale). Questo episodio, in seguito all'inchiesta che Monaco starebbe portando avanti su Facebook, potrebbe far riflettere altri Paesi europei con analoghe esperienze di bullismo, suicidi in diretta, il caso Cantone e altri, consentendogli di intraprendere eventuali cause contro chipermette la pubblicazione di immagini e filmatisenza prima valutarne la responsabilità, la compromissione della persona e la delicata privacy.