Il Brasile è il paese più esteso dell'America del Sud, e nei suoi 8,5milioni di km² si possono incontrare un'infinità di situazioni; le ricche città, le favelas, le bellissime spiagge bianche, la foresta. E proprio in un angolo della foresta pluviale e incastonata tra il Perù e la Bolivia si trova lo stato di Acre. Una immensa zona ricca di metalli preziosi, gas e petrolio coperti dalla fitta vegetazione, e dove per caso un gruppo di fotografi indipendenti ha dovuto atterrare a causa di una fortissima tempesta di acqua e vento. Certo, le zone inospiti sono molto gradite ai freelance ma quello che non potevano sapere è che proprio in quella zona abitasse una tribù che non aveva mai avuto contatti con il mondo civilizzato.
Il fotografo Ricardo Stuckert, raccontando l'intera avventura al National Geographic, mostra anche gli scatti realizzati.
“Come un pittore del secolo scorso”
Il Brasile è enorme, e anche molto vasta è la foresta che dal Venezuela e la Colombia si estende inesorabili e a volte incontaminata fino al Paraguay e il nord dell'Argentina. In essa vivono ancora moltissime tribù nomadi, alcune conosciute come gli Isconahua, i Matsés, i Nanti, i Mastanahua, e altre totalmente anonime all'uomo bianco. A quanto pare quella incontrata e immortalata dal gruppo di Stuckert al confine con il Perù è in continuo movimento per la semplice necessità di fuggire al nemico. Secondo le deduzioni del gruppo di Stuckert, probabilmente queste tribù siano sopravvissute alla deforestazione durante il boom del caucciù.
“Fanno capire che vogliono rimare isolati”
Nel proseguo del racconto Stuckert si dice stupito ed emozionato nel vedere queste persone che ancora oggi, nel XXI secolo, non abbia avuto alcun contatto con la civiltà e continuino a seguire le orme degli antenati. Il loro nascondiglio, la loro casa e rifugio naturale è sempre stata la foresta, e a quanto pare ogni qualvolta che un'altra tribù, o peggio, l'uomo bianco si avvicinano non è mai per fare amicizia, ma per rubare, uccidere e impossessarsi delle terre.