Sono più di 450mila i palestinesi in Libano. Vivono di fatto segregati in 12 campi profughi ufficiali sparsi su tutto il territorio da nord a sud. Una lunga e drammatica storia li accompagna sin dal 1948, l’anno della Nakba (disastro), l’anno della creazione dello Stato di Israele. I campi profughi che li ospitano da più di 60 anni, vennero costruiti per essere temporanei, perché tutti speravano in un loro ritorno in patria: i libanesi da una parte, ma soprattutto i palestinesi dall’altra. E invece, quei campi, sono diventati la loro casa, e anche se lì sono nati i loro figli e poi i loro nipoti, il governo continua a considerarli profughi.

Il Libano non è tra i paesi firmatari della Convenzione ONU sui rifugiati del 1951 e il suo protocollo del 1967 non riconosce i diritti fondamentali e gli obblighi legali nei confronti dei profughi.

Il lavoro, l’istruzione, le cure mediche

Da ciò derivano molte restrizioni che i palestinesi sentono come “discriminazioni”: nel 2002 il governo libanese ha stilato una lista di 72 professioni che i palestinesi non possono esercitare. Non possono fare il taxista, il medico, l’ingegnere o il dentista. Non possono lavorare negli uffici pubblici nelle banche e in molti altri posti. Le cure mediche di base, nei campi profughi, sono fornite dall’Unrwa, un’agenzia istituita nel 1949 proprio per i palestinesi, che però non è in grado di coprire le spese per cure più specifiche.

Questo li porta in molti casi a rinunciare alle cure o ad indebitarsi per sostenerle. Non hanno inoltre accesso al sistema scolastico pubblico. E’ ancora l’Unrwa a gestire 74 scuole e 2 centri professionali, una gestione che però non soddisfa le richieste della popolazione giovanile in aumento. La stessa organizzazione stima che la metà degli adolescenti palestinesi lascia la scuola prima di aver completato il ciclo d’istruzione.

Solo lo 0,1% prosegue con l’università. A differenza delle comunità presenti in altri stati, quella del Libano è considerata la più marginalizzata della diaspora palestinese, questo perché da parte dello stato libanese c’è il timore che garantendo maggiori diritti si giunga alla naturalizzazione e all’insediamento permanente, una situazione che potrebbe minare il già fragile equilibrio politico del Libano. Esistenze negate. Una vita, quella dei palestinesi, di diritti ridotti e opportunità limitate, e la questione è ben lungi dall’essere risolta.