I giuslavoristi insorgono dopo l'ultima e tanto discussa sentenza della Corte di Cassazione in materia di Lavoro. I giudici della sezione lavoro hanno legittimato l'allargamento dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo con una nuova delibera, la n. 25201 del 7 dicembre 2016. Secondo gli ermellini non occorre più che vi siano gravi difficoltà economiche o un dichiarato stato di crisi dell'azienda per confermare un licenziamento, basta soltanto la volontà dell'imprenditore di aumentare gli introiti. La pronuncia definitiva della Corte è scaturita a seguito di una vertenza del 2013 per l'allontanamento dal posto di lavoro di un dipendente di un lussuoso resort romano.
L'uomo si era appellato al Tribunale di Firenze, ma la direzione aziendale ha avuto la meglio con un ricorso lampo in cassazione. Intanto, Vincenzo Martino, vicepresidente di Avvocati giuslavoristi italiani (Agi) esalta l'indignazione perché questa sentenza creerebbe un precedente molto avverso per i lavoratori.
Le fasi della vicenda
L'11 giugno 2013 un lavoratore di un noto resort di Roma fu licenziato in tronco. L'uomo fa causa all'azienda e ottiene in Appello il ricevimento di 15 mensilità perché secondo la Corte non sussisteva un giustificato motivo oggettivo per l'interruzione drastica del rapporto di lavoro. Non contento, l'imprenditore ricorre in Cassazione il 16 novembre 2016, la quale emette la scioccante sentenza lampo n.25201, dando ragione al datore di lavoro.
I giudici della sezione lavoro sostengono che l'imprenditore è libero di decide le sorti e l'organizzazione della propria attività con il fine di ricavare profitti, sempre nel rispetto della legge e senza che il giudice possa entrare in merito. Articolo 41 della Costituzione Italiana.
Le proteste dei giuslavoristi
Secondo Vincenzo Martino, non è la prima volta che la Cassazione emette sentenze discordanti a distanza di poco tempo.
E questo appello al articolo 41 della Costituzione potrebbe svegliare le menti più disoneste, le quali trovando una qualunque motivazione consona a quest'ultima sentenza o anche all'articolo 30 del Collegato Lavoro potrebbero mettere in serie difficoltà i lavoratori. Mentre il professor emerito di Diritto del Lavoro dell'Università di Bologna, Umberto Romagnoli, sostiene che se la ricerca del profitto diventasse un legittimo strumento di licenziamento e mette le aziende al centro rispetto ai lavoratori, come ha fatto il Jobs Act, si rischia il proliferare di situazioni limiti.