Raffaele Sollecito ha chiesto 516.000 euro di risarcimento allo Stato italiano "per ingiusta detenzione" e con l'intento di, rispettivamente, coprire le spese processuali che la sua famiglia ha dovuto sostenere per i vari processi relativi al delitto di Meredith Kercher, commesso a Perugia esattamente 10 anni fa, e sanare alcuni debiti in sospeso. Lo stesso Sollecito, durante un'intervista, ha ribadito la lunga durata di quell' "incubo" che ha dovuto subire. L'intervista è stata rilasciata dall'ex studente a Victoria Derbyshire per la BBC, durante la quale Sollecito ha specificato come la cifra richiesta, che corrisponde al massimo risarcimento possibile, non sia comunque sufficiente a coprire quanto la sua famiglia abbia speso, ma ad ogni modo può tornare utile per sanare alcuni suoi debiti.
Le dichiarazioni sono state rese da Sollecito alla vigilia dell'audizione della Corte d'Appello di Firenze proprio per valutare la richiesta di risarcimento da lui presentata.
Dieci anni di dubbi e sospetti
Alla richiesta di risarcimento si sono però opposti sia la Procura generale fiorentina che il ministero delle Finanze. Il delitto Kercher, avvenuto il primo novembre 2007 a Perugia, fu un omicidio che sin da subito fu minato da sospetti, false piste e veleni. Alla fine vennero condannati Rudy Guede, che patteggiò la pena, la studentessa americana Amanda Knox e Raffaele Sollecito; la Cassazione annullò poi la sentenza per i due fidanzati disponendo un nuovo processo d'appello, che si svolse a Firenze e si concluse con una nuova condanna dei due giovani prima che, dopo quattro anni, la Cassazione li assolvesse in via definitiva.
Sia Sollecito che la Knox, che è tornata a vivere negli Usa, si sono sempre dichiarati estranei al delitto: "Abbiamo dovuto vendere i nostri appartamenti, ma siamo ancora oberati da debiti di circa 400.000 euro - ha aggiunto Sollecito - i genitori di Amanda, la nostra famiglia, come tutti quelli uccisi dagli errori persecutori".
I giudici, uscendo dalla camera di consiglio, hanno però annunciato di volersi prendere qualche altro giorno per decidere se concedere o no il risarcimento a Sollecito, preteso soprattutto per i quattro anni di carcere passati a Perugia prima dell'assoluzione definitiva.