Emergono le prime informazioni su Esteban Santiago, il ventiseienne che il 6 gennaio ha ucciso cinque persone e ne ha ferite otto nell'area bagagli dell'aeroporto Fort Lauderdale in Florida. Esteban, nato nel New Jersey, all'età di due anni si trasferisce nella casa degli zii a Portorico. A 17 si arruola nella Guardia nazionale statunitense e nel 2010 parte per l'Iraq dove, per 10 mesi, viene impiegato nello sminamento delle strade, ricevendo più di una medaglia. Nel corso della sua esperienza, però, vede anche saltare in aria due compagni.
Al suo ritorno, nel 2011, comincia a soffrire di allucinazioni: sente delle voci, è perseguitato da visioni di bambini uccisi.
Gli zii capiscono subito che non sta bene e lo mandano in terapia. È l'ennesimo soldato americano che torna a casa traumatizzato: il disturbo post traumatico da stress colpisce il 20% dei veterani di guerra.
I guai con la giustizia e l'ossessione per l'Isis
Iniziano i guai per Esteban: nel 2012 viene indagato per pedofilia, gli sequestrano il computer ma non lo incriminano. Nel 2014 si trasferisce in Alaska, ma nel 2015 viene cacciato dal padrone di casa perché non paga l'affitto. Lo scorso anno è stato denunciato dalla compagna per violenza domestica: avrebbe tentato di strangolarla dopo averla colpita alla testa. La polizia emette un ordine restrittivo, ma i due tornano a vivere insieme e hanno anche un figlio a settembre.
Intanto Esteban sembra peggiorare, tanto che viene espulso dalla Guardia nazionale per cattiva condotta. Assunto da una compagnia privata, viene segnalato dal capo all'Fbi. Agli agenti dice che la Cia controlla la sua mente, costringendolo a guardare video dell'Isis: in seguito a queste dichiarazioni, viene mandato in un ospedale psichiatrico per un controllo.
Le indagini non portano ad alcun legame con gruppi terroristici islamici, così l'Fbi chiude il caso.
Pochi giorni dopo, Esteban commette la strage all'aeroporto di Fort Lauderdale: dopo aver caricato in bagno la pistola 9 mm semiautomatica che aveva legalmente imbarcato, senza dire una parola e impassibile in volto, apre il fuoco sulle persone e si arrende solo quando termina le munizioni.
Le autorità che lo hanno interrogato sono ancora a caccia di un movente: l'unico indizio sembra essere una foto che ritrae il killer con una kefiah al collo e con un dito puntato verso l'alto, un gesto tipico dei jihadisti.