I leader di alcune delle più importanti aziende della Silicon Valley hanno condannato pubblicamente l’ordine esecutivo firmato da Donald Trump, puntando il dito contro il Muslim Ban. Tra queste aziende figurano Apple, Google, Microsoft e Facebook.

A guidare la protesta è Sam Altman, presidente della startup Y Combinator: "È giunto il momento che le aziende di tecnologia inizino a parlare delle azioni intraprese dal governo del presidente Trump".

Altman: "Situazione preoccupante per gli immigrati"

Altman non si ribella affatto alle regole e alla sicurezza del Paese, ma riconosce che attaccare una specifica religione o un gruppo religioso sia una scelta errata, che comporta la riduzione dei diritti umani.

Invalidare visti già rilasciati e le carte verdi, azione perseguita negli aeroporti di tutti gli Stati Uniti dopo l’ordine esecutivo di Trump, viene considerata da Altman una scelta "estremamente preoccupante per gli immigrati di ogni paese".

Secondo il leader di Y Combinator, infatti, quest'intervento non può essere considerato solo un divieto per i musulmani ma, in maniera più generale, è una "violazione del contratto che l’America ha fatto con tutti gli immigrati".

Altman non è stato l'unico rappresentante del settore tecnologico a prendere posizione: Aaron Levie, CEO della società Box, ha spiegato che tale divieto è sbagliato "a livello morale, umanitario, economico, logico". Anche l'amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings, ha usato parole forti: "Queste azioni rendono l'America meno sicura, attraverso l’odio e la perdita degli alleati".

Molto più diplomatico l’atteggiamento di Apple che, però, tramite una e-mail inviata da Tim Cook ai dipendenti, ha mostrato di aver preso in esame la questione: "Molti sono preoccupati per l'ordine esecutivo emesso per limitare l'immigrazione da sette paesi a maggioranza musulmana. Condivido le vostre preoccupazioni. Non è una politica che sosteniamo".

Anche Google e Facebook scendono in campo

Google è intervenuto con un comunicato che esprime tutta la sua preoccupazione per "l'impatto di questo ordine e le eventuali proposte che potrebbero imporre restrizioni sui Googler e le loro famiglie". Il co-fondatore del motore di ricerca, Sergey Brin, ha deciso addirittura di scendere in campo di persona, andando a protestare all’aeroporto internazionale di San Francisco.

Il CEO di Microsoft, Satya Nadella, ha deciso di farsi sentire su LinkedIn, in quanto "immigrato e amministratore delegato", ed esempio concreto di chi ha avuto modo di sperimentare l'impatto positivo che l'immigrazione può avere sulla nostra società.

Mister Facebook, invece, Mark Zuckerberg, si è detto "preoccupato per l'impatto" dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump. Come ha spiegato lui stesso, è importante "mantenere il paese sicuro, ma nel farlo bisogna concentrarsi su persone che effettivamente rappresentano una minaccia".