Un prigioniero di guantanamo si è rivolto all'ex presidente degli Stati Uniti, Barak Obama. Non uno qualunque, ma Khalid Sheik Mohammed. Un pakistano appartenente alla cellula di Al Qaeda, e ritenuto la mente della sanguinosa e distruttiva serie di attacchi dell'11 settembre 2001. Dopo varie censure e controlli la lettera intitolata “Testa del serpente, Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti, il Paese dell’oppressione e della tirannia” è arrivata alla Casa Bianca pochi giorni prima dell'insediamento di Donald Trump. Nel forte contenuto, Mohammed spiega le vere motivazioni degli attentati; quindi una diretta vendetta per tutte quelle morti che la politica estera america avrebbe occasionato.

Mani bagnate di sangue

La missiva, ripulita da alcune parti che potrebbero compromettere la sicurezza nazionale, è stata consegnata all'Herald Miami dal legale del detenuto. Nella pubblicazione esclusiva del quotidiano della Florida si apprende che il terrorista comunica a tu per tu con Obama, e in modo disprezzante. In effetti, accusa direttamente l'ex presidente per il bagno di sangue che avrebbe ordinato a Gaza, Waziristan, Yemen, Iraq, Libia, Afghanistan, Somalia e altre parti del mondo. Inoltre, punta un feroce dito per l'uccisione senza regolare processo di Bin Laden, nonché la mancata consegna del corpo ai propri familiari.

“Non abbiamo iniziato noi la guerra”

Secondo il legale di Khalid Sheik Mohammed, l'avvocato David Nevin, l'attivista pakistano affermerebbe che la guerra in corso è una conseguenza diretta degli errori commessi dalla politica americana.

Dall'appoggio incondizionato a Israele, ai massacri perpetrati della Cia con la complicità delle comunità ebraiche e cristiane di New York. Tra le altre accuse, Mohammed racconta ad Obama di essere felice per quel 11 settembre, in cui Allah ha permesso e voluto che i suoi figli martiri distruggessero l'economia capitalista.

Inoltre, confessa di non avere paura della pena di morte, e che non chiederà mai perdono per gli atti commessi né pietà per la propria vita. -” Obama, né tu né un tuo Tribunale mi piegheranno. Sarò la vostra maledizione”- conclude il detenuto.