Il caso di Dj Fabo, morto in Svizzera con il metodo del suicidio assistito, e quello di Eluana Englaro, che interruppe volontariamente le cure, ha fomentato molteplici discussioni. Finalmente, è approdato in Parlamento un nuovo decreto sul biotestamento, da non confondere con l'eutanasia. E' una discussione estremamente delicata e complessa quella concernente le disposizioni anticipate di trattamento, che ora rischia di diventare un cavallo di battaglia politico per numerose forze e schieramenti, i quali saranno chiamati a confrontarsi su questo tema, alla Camera dei Deputati.

Si parte da un vivace consenso espresso dalla maggioranza del Pd, Movimento 5 Stelle e Sinistra Italiana, sino a un debole segnale di conferma pervenuto da alcuni deputati di Forza Italia, come l'on. Stefania Prestigiacomo, convinta che l'approvazione del testo sia "un atto di civiltà". I partiti contrari sono, invece, Area Popolare-Ncd, Lega, Udc e, de facto, anche Forza Italia. Persino nel Partito Democratico non mancano le voci fuori dal coro. Giuseppe Fioroni, in un'intervista per il Corriere della Sera, discute di un Parlamento che "scrive ricette di medicina in modo generico".

Quale sarà il risultato di questo grammelot di opinioni e conflitti ideologici? Lo scopriremo. Pertanto, fornire il proprio consenso - oppure dissenso - rispetto a scelte terapeutiche o trattamenti sanitari è un onore e, allo stesso tempo, un onere.

Un onore, in quanto si tratterebbe di un'enorme conquista nel campo dei diritti dei pazienti e che testimonierebbe, parimenti, un elevato grado di avanzamento e di modernità da parte di un Paese (vecchio), verso una maggiore libertà ed il principio di autodeterminazione. Tali predisposizioni, infatti, dovrebbero essere riconosciute a livello giuridico e normativo, come, del resto, la gratuità delle cure agli indigenti, già garantita dall'articolo 32 della nostra Costituzione.

Gli oneri di chi decide

Allo stesso tempo, dicevo, è anche un onere. Libertà di scegliere della propria salute implica responsabilità. Il paziente deve possedere la facoltà di conoscere a quali rischi potrebbe esporsi ed incorrere senza quella cura o quel trattamento specifico. La responsabilità aumenterebbe, soprattutto, se ad arrogarsi tale diritto fosse un delegato di fiducia, come previsto per i malati in stato di incoscienza.

Il medico, non dimentichiamolo, deve peraltro continuare a rivestire un ruolo primario, non secondario. Deve saper parlare e comprendere il paziente, come ci ricorda Antonio Polito in un articolo per Sette (10 marzo 2017). Ponderazione ed ascolto dovrebbero essere i requisti necessari ad una decisione consapevole ed armonica, compiuta in tutta serenità da un paziente che dispone (o dovrebbe disporre) di assoluta libertà di coscienza.