Un servizio della trasmissione televisiva Le Iene, andato in onda ieri sera, ha rivelato tutta la verità sulla vicenda che ha segnato la vita e la carriera di un calciatore tanto amato quanto talentuoso, Fabio Quagliarella. L'attaccante della Sampdoria aveva già concesso un'intervista ai microfoni di Sky Sport, in cui si dichiarava sollevato per la conclusione di una vicenda che ha pregiudicato cinque anni della sua vita, terrorizzando anche i suoi famigliari.

Il tormento vissuto da Quagliarella

Le immagini del servizio mostrano un Quagliarella che racconta il tormento vissuto per cinque anni con un'espressione ancora sconvolta e provata, con occhi increduli (di aver finalmente concluso quest'orribile vicenda, e di averla vissuta per così tanto tempo) e a tratti commossi.

Il calciatore ha raccontato di essere stato vittima di uno stalker, che si era subdolamente fatto strada nella vita privata di Fabio, arrivando a stringere un rapporto di affetto e di fiducia anche coi suoi famigliari. Si tratta di Raffaele Piccolo, un esperto informatico della polizia postale - un poliziotto, dunque - che, dopo aver risolto dei problemi informatici per conto di Fabio, ha iniziato a frequentare regolarmente casa sua e i suoi famigliari.

È il 2010, e Fabio ha finalmente realizzato il sogno che aveva sin da bambino: giocare con la maglia del Napoli. Poco dopo la conoscenza con Piccolo, nella cassetta postale di casa Quagliarella cominciano ad arrivare lettere minatorie, ovviamente anonime.

Di fronte al microfono di Golia, l'inviato de Le Iene che ha realizzato l'intervista, Quagliarella descrive il contenuto delle lettere, che contenevano accuse di pedofilia, di affiliazione alla camorra, di tossicodipendenza e di essere invischiato in un giro di soldi connessi al calcio scommesse. Le lettere hanno raggiunto ben presto cifre a due zeri, e hanno innescato un clima di costante paranoia, per il quale una semplice chiamata persa da parte della famiglia poteva essere il sintomo di una tragedia.

La paranoia, secondo il racconto di Fabio, aveva contagiato anche il modo in cui lui e la sua famiglia guardavano agli altri, col dubbio che il colpevole potesse essere chiunque. E come se non bastasse, Fabio precisa: "Perché ci diceva che noi dovevamo prendere le impronte digitali di tante persone", riferendosi proprio a Raffaele Piccolo, che ha manipolato così bene il gioco da essere incaricato dalla famiglia di Fabio di depositare le centinaia di denunce contro ignoti, che ovviamente non sono mai state portate in Questura.

Le conseguenze dello stalking sulla carriera sportiva

Oltre a incidere negativamente sulla sua vita privata, gli anni di terrore vissuti da Fabio hanno portato conseguenze spiacevoli anche sulla sua carriera. Lo stalker - all'epoca ignoto e ora identificato nella figura di Piccolo - aveva mandato lettere diffamatorie che riguardavano Fabio non solo presso casa Quagliarella, ma anche all'allora società sportiva per cui Fabio giocava, il Napoli, che ha successivamente deciso di venderlo alla Juventus. Da quel momento, Quagliarella è stato etichettato come un traditore e un venduto dai tifosi del Napoli, in un crescendo di disapprovazione da parte dei suoi conterranei, che gli ha precluso anche la possibilità di girare sereno per la propria città.

Una ferita che per Fabio è ancora aperta, come dichiarato ai microfoni di Golia: "Io dico sempre, quando ripercorro la mia carriera, mi guardo dietro e dico 'Ho lasciato qualcosa di incompiuto'". Una ferita che, forse, la condanna dello stalker e il rinnovato supporto dei tifosi napoletani, col tempo, potranno sanare.