Un'offesa alla memoria e al dolore, più vivo che mai, dei familiari delle 29 persone morte lo scorso 18 gennaio sotto la valanga che ha sommerso l'hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara. Uno sfregio a una tragedia collettiva. Basta selfie sui luoghi delle sciagure: i familiari delle vittime insorgono. Da tempo, gruppi di persone si inoltrano tra le macerie del resort posto sotto sequestro solo per il "gusto" di farsi dei selfie, postarli e condividerli su Facebook. È accaduto anche lo scorso fine settimana. Ma stavolta i parenti dei 29 morti chiedono l'intervento della magistratura.
L'esposto dei familiari
I familiari hanno preparato un esposto in cui chiedono che l'area dell'immane sciagura venga recintata, ma soprattutto sia assiduamente vigilata. Chiedono inoltre che sia identificato chi pubblica su Facebook foto scattate nell'area sequestrata, immagini irrispettose che sono un oltraggio alla memoria. L'area, diventata meta di un turismo macabro nonostante sia difficilmente raggiungibile, viene ormai visitata ogni fine settimana da chi "ambisce" a farsi fotografare per testimoniare di esserci stato. Magari calpestando oggetti ed effetti personali delle vittime che i parenti vorrebbero tanto poter avere. Oppure gli inopportuni turisti si aggirano tra possibili prove: tra le macerie, potrebbero esserci ancora i cellulari di alcune vittime: se ritrovati, scorrendo gli ultimi messaggi inviati da vivi, potrebbero testimoniare che avrebbero potuto essere salvati se soccorsi in tempo.
La denuncia di Enrico Colangeli
A presentare la denuncia alla Procura della Repubblica di Pescara è stato il tecnico comunale Enrico Colangeli, indagato nell'inchiesta ma nominato custode giudiziale dell'area, anche se i suoi legali hanno chiesto la revoca del provvedimento a causa dell'ineseguibilità del compito affidatogli.
Alcune delle persone denunciate sono state identificate dalle targhe delle auto in sosta nell'area sotto sequestro. Nell'esposto si dice che tra le macerie sono stati visti anche due bambini e un uomo con ferite alla testa che forse si è fatto cadendo. Da un mese, il controllo della zona interdetta non è più affidato ai carabinieri, ma al comune di Farindola che però ha solo 3 agenti che devono controllare anche altri comuni e non possono garantire una vigilanza assidua.
Basta selfie sui luoghi della tragedia
"Non posso tollerare che ci si metta in posa con lo sfondo dell'hotel che è la tomba di 29 vittime" ha detto Massimiliano Giancaterino, ex sindaco di Farindola e fratello di Alessandro, tra i morti di rigopiano. Indigna Giancaterino, come tanti altri parenti, aver dovuto vedere su Facebook le immagini di gente in pose "buffe" o ridicole sul luogo della tragedia. Il turismo del dolore era stato pubblicamente denunciato e condannato anche poco tempo fa dal sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che ha invitato a venire tra le sue montagne solo chi abbia a cuore la sorte dei luoghi colpiti dal Terremoto e, rispettoso del dolore delle popolazioni, voglia aiutarle da turista.
Una sciagura tira l'altra, "sciacalli" del selfie
Da anni la cronaca è costretta purtroppo a dare conto di tappe e itinerari di un "pellegrinaggio" macabro: a Cogne dove fu ucciso il piccolo Samuele Lorenzi, poi ad Avetrana dove morì Sara Scazzi, quindi è stata la volta della gita per vedere il relitto della Costa Concordia finché era ancorata davanti all'isola del Giglio, per non parlare delle "mete sismiche" come l'Aquila, Amatrice. Un fenomeno sociale inquietante.