Marco Prato, il giovane pierre 31enne finito in galera insieme al complice Manuel Foffo per il delitto di Luca Varani, si è suicidato la notte scorsa nel carcere di Velletri. Il giovane vi era stato trasferito di recente da quello romano di Regina Coeli, e si trovava in attesa di giudizio, mentre Foffo è stato condannato con rito abbreviato a 30 anni. Intorno all'una e dieci si è recato in bagno, ha riempito un sacchetto di plastica con il gas contenuto in una bombola in dotazione ai detenuti, quindi ci ha infilato la testa e l'ha respirato.
Uno dei delitti più efferati di questo secolo
Tutti ricorderanno l'atroce delitto di Luca Varani, il ragazzo ucciso a Roma durante un festino a base di droga e sesso, nel marzo del 2016. Secondo l'autopsia, Manuel Foffo e Marco Prato l'avrebbero torturato per almeno due ore, colpendolo con tre coltelli diversi, all'interno di un appartamento al decimo piano di un palazzo. La psicanalista Vera Slepoj all'epoca dei fatti disse che i due trentenni "avevano commesso il crimine più efferato di questo secolo". Domani il giovane avrebbe avuto l'udienza del processo. Marco Prato, che continuava a dire di essere succube di Foffo e a dichiararsi innocente, in carcere aveva anche scoperto di essere sieropositivo.
Il suo compagno di cella, secondo le prime indagini, non si sarebbe accorto di quanto accadeva accanto al suo letto. E' stato trovato con un sacchetto infilato in testa, morto soffocato dal gas, durante il normale giro di ispezione: sulla salma, la cui rimozione è stata autorizzata dal pm di turno, verrà effettuata comunque l'autopsia.
Durante gli interrogatori Marco Prato, accusando Foffo, aveva detto 'sono suo succube'
Il 4 marzo 2016, secondo quanto rilevato dal medico legale, Marco Prato e Manuel Foffo hanno stordito Luca colpendolo alla testa con un martello, poi gli hanno inflitto ferite superficiali con tre coltelli diversi, non per uccidere ma per “provocare il massimo della sofferenza”, secondo quanto scritto dal medico legale.
Poi tentano di strozzarlo con una calza, con un cavo e infine con le mani, quindi decidono di conficcargli un coltello nel petto: per la vittima è un’agonia infinita, la Morte sopraggiunge lentissima, tra atroci sofferenze. Durante le indagini, i due si sono poi accusati a vicenda: una vita senza futuro, il carcere, forse un insopportabile rimorso, lo avranno convinto che era meglio la morte.