Un colpo al cuore ma uno anche alla ragione. rita dalla chiesa, figlia del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso a Palermo dalla mafia, non ci sta: reagisce indignata all'apertura della magistratura nei confronti di "u curtu", il boss dei boss, Totò Riina, oggi a 86 anni gravemente malato. Di ieri è la notizia che la Suprema Corte ha accolto per la prima volta il ricorso del difensore di Riina perché il tribunale di sorveglianza riesamini il diritto alla scarcerazione.
Il capo dei capi di Cosa Nostra dal 1982 al momento dell'arresto nel 1993, soprannominato anche "La Belva" per la sua ferocia sanguinaria, un "curriculum" criminale da far spavento come mandante ed esecutore di una lunga serie di delitti, 200 omicidi accertati, 4 stragi tra cui di Capaci e via D'Amelio ,16 ergastoli, oggi affetto da duplice neoplasia renale e cardiopatia, fermo restando l'indiscusso spessore criminale, per la Cassazione ha diritto di morire dignitosamente e potrebbe essere mandato agli arresti domiciliari.
L'ipotesi fa indignare i parenti delle vittime di mafia, a cominciare da Rita Dalla Chiesa e Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino.
Le persone uccise dalla mafia non hanno avuto una morte dignitosa
La giornalista ed ex conduttrice del programma "Forum", appresa la notizia della possibile scarcerazione del boss corleonese si indigna: "Mio padre non ha avuto una morte dignitosa" e lo sottolinea anche in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook ieri in coincidenza con la Festa dell'Arma dei Carabinieri.
Indignati i familiari delle vittime del boss corleonese
Il 3 settembre 1982, il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo, fu ucciso a colpi di kalashnikov da un commando di Cosa Nostra.
Dalla Chiesa fu fatto fuori a cento giorni dal suo insediamento come prefetto di Palermo, in cui aveva cercato di contrastare le cosche e di spezzare il legame tra mafia e politica. La figlia Rita ritiene sconvolgente la sentenza della Cassazione e tale da far dubitare sulla giustizia. "Mio padre e i tanti che sono caduti per mano mafiosa, massacrati dai proiettili nelle macchine o sui marciapiedi, non hanno avuto dignità nella morte.
A cielo aperto, sotto gli occhi di tutti. Senza nemmeno un lenzuolo per coprire il loro ultimo dolore". A indignarsi sono anche Salvatore Borsellino fratello di Paolo Borsellino, Sonia Alfano figlia del giornalista Beppe Alfano, Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, i parenti dell'attentato di via dei Georgofili, e tutti i familiari delle vittime di mafia.
Per il procuratore nazionale antimafia Riina deve restare in prigione
Per la direzione nazionale antimafia, Riina, al carcere duro dal 1993, oggi in quello di Parma, è ancora il capo di Cosa Nostra ed è un pericolo attuale. Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia, ritiene che debba restare dove sta: in galera e in regime di 41 bis o "carcere duro". Se il tribunale di sorveglianza accogliesse le richieste della Cassazione, ci sarebbe tra l'altro una differenza di trattamento rispetto all'altro boss corleonese, Bernardo Provenzano, che invece ha finito i suoi giorni in carcere lo scorso luglio e in condizioni da vegetale.
Nel maggio 2015 il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva respinto la richiesta del legale di Riina di scarcerazione perché in prigione può disporre di tutte le cure necessarie.
"Sono tranquillo, fiducioso che alla fine il Tribunale di Bologna ribadirà le nostre ragioni, ha detto Roberti al Corriere della Sera. Per i parenti di quelli che Riina ha sciolto nell'acido, ammazzato, fatto saltare in aria, sarebbe un insulto alla memoria di vite sacrificate.