È oramai da secoli che il Mar Mediterraneo è diventato suo malgrado una barriera astratta, un confine fatto di: paura, malanimi, ingiustizie.

Gibilterra, Lampedusa, Creta sono gli ultimi avamposti del mondo occidentale, del cristianesimo prima di immergersi nelle acque blu e affiorare, poi, nel Maghreb e o nel vicino Oriente e in quei posti che conosciamo, approssimativamente solo come mondo islamico.Distanze che sembrano aumentare sempre più per le dificoltà con le quali i due mondi interagiscono. E nonostante la globalizzazione ci stia inesorabilmente avvicinando, non basteranno un festival del Cous-Cous, un Kebap o una crociera nel Mediterraneo a far sì che questi mondi si avvicinino definitivamente, oppure a smembrare le storiche corazze che queste due realtà si sono costruite vicendevolmente ognuno guardando a sé come il primo della classe.

Eppure da qualche anno questo confine fatto, anche, di strane fantasie generate da chissà quali dicerie origliate in qualche crepa di questa argillosa e decandente parete divisoria, è quotidianamente attraversato da impavidi uomini, in cerca di futuro, che coraggiosi riescono a vincere, un po' per stretta necessità, un po' per ignoranza del pericolo, la paura dello sconosciuto ed il timore del non sapere cosa li aspetti al di là del mare. A far sgomento non è il cambiamento, che si può solo immaginare, posto che si abbia del tempo, non c'è tempo per pensare e fantasticare, c'è il mare da solcare, le onde da affrontare, l'imbarcarsi e sfuggire da chi non vuole che tu scappi.

Da due anni ascolto le storie di chi quel mare lo ha vinto, di chi si è imposto contro un destino di stenti e di violenze, di chi è approdato in Europa lasciando dietro di sé le onde impetuose della vita africana.

Mi chiamo Abdullah...

Ho solo quindici anni, o almeno così penso, non ricordo quando sono nato forse in quella che qui chiamate primavera, o forse in estate per comodità all'autorità dirò di essere nato il 1° Gennaio 2002 . Nel mio villaggio i compleanni non si festeggiano come qui da voi in Europa, festeggiamo quando piove, oh sì che quella è una grende festa.

Vengo dal Burkina Faso, non so bene come e perché una serie di sfortunanti eventi mi hanno costretto a lasicare la mia capanna, la mia famiglia, o meglio quello che ne è rimasto. Mia madre è morta, dando alla luce l'ultimo dei mie fratelli, mio padre vive ora solo con la sua seconda moglie. Sapete qui da noi la poligamia non è un reato come da voi.

Del villaggio ricordo solo le scarne mucche, la sabbia, e la polvere che è ovunque... a volte sembrava l'unico elemento di cui poter liberamente diporre. Non ricordo più che faccia aveva la mia mamma, ma potrei, invece, riconoscere tra mille volti quello della mia matrigna.

Lei è una donna cattiva, mi picchia, non vuole che io e i miei fratelli interferiamo con la vita della sua famiglia, ovvero di mio padre e dei miei fratellasti. E mio padre credo non immagini cosa succede quando lui è lavoro. Sarei morto di stenti... sì perché lei ci dava soltanto dell'acqua putrida con un tozzo di pane; il riso e quando c'era del pollo erano per i suoi di figli.

Così una matttina, dopo aver rischiato di perdere un altro incisivo, per le percosse che la mia belle mère mi aveva inflitto ho deciso di partire per Bamako in Mali, con un pullman diretto, scomodo e ridotto ad un ammasso di lamiere arruginite portando con me qualche straccio e una stampa dell'Africa.

Direzione libia... non sapevo neanche dove fosse, dicono che c'è del lavoro. A dire il vero non so far nulla se non far di conto, la matematica è il mio forte.

Dov'è la Libia? Parlavano di una città Tripoli chissà, mi chiedevo ossessivamente come sarebbe stata la mia nuova vita.

Attraversammo il deserto, sarei morto di sete, di fame, di violenze, di percosse nuovamente, sarei stato rapito dagli ASMA BOY, sarei marcito come altri in quelle prigioni libiche - L'inferno Libico -: dove la nostra unica colpa era quella di essere di colore e senza una fissa dimora; sì sarei potuto finire mille volte se non avessi avuto lo sguardo di Allah a proteggermi, se non avessi pregato prima rivolgendomi a nord-est, poi ad est ed infine a sud-est, chiedeno iddio di essere buono con me.

Quella notte forzammo il cancello della prigione e poi giù per le strade di Tripoli fino al mare. Non avevo molti soldi per pagare, quel poco che avevo l'ho dato ad un uomo olivastro, mi fanno scendere giù nella stiva, non so in quanti eravamo, faceva caldo... vomitai... non percepivo più nulla se non la puzza di piscio.

Se fossimo affondati sarei morto di sicuro. Sognavo le cene gustose che all'iftar la mia mamma preparava. Il gusto del riso mi svegliò, non sapevo dove fossi... di certo non in Libia, c'erano delle donne bianche, dei letti con candide coperte bianche, un uomo baffuto con occhi chiari mi guardava. Avevo sonno avrei voluto solo poter dimenticare quei dannati posti chiamati deserto, Libia, nella madrassa avevamo parlato dell'inferno jahannam dove sarebbero stati inviati i peccatori, ma non vavevo mai pensato che avrei potuto viverlo su questa terra.

Unicef: torture, stupri e tratta sulla rotta migratoria del Mediterraneo.

Qualcuno mormorava le parole Italia, EUROPA. Non capisco, vedo il mare, non lo avevo mai visto .. IL MARE, e non so cosa sia l'Europa. Ho solo sonno e tanta fame.