Un 'istigatore morale'. Ci sarebbe qualcuno che l'avrebbe spinto all'odio fino al punto di attuare quel piano diabolico la notte tra il 7 e l'8 luglio, quando Ciro Guarente ha ucciso il suo presunto rivale in amore, Vincenzo Ruggiero, attivista dell'Arcigay e commesso di Carpisa, con due colpi di pistola al cuore e trasportato in un sacco della spazzatura.

Poi l'ha decapitato, fatto a pezzi con una motosega, e in parte murato sotto un massetto tra rifiuti in un garage a Ponticelli, in provincia di Napoli, Ora, dal carcere di Santa Maria Capua Vetere dove è recluso, Guarente in un diario di molte pagine racconta la sua verità.

Chiede scusa alla mamma di Vincenzo: qualcuno l'avrebbe spinto a commettere il crimine 'satanico'. Scrive ma non parla ai magistrati. Intanto il vescovo di Aversa in un appello gli chiede di far sapere dove siano i poveri resti di Vincenzo ancora non trovati.

Il diario dell'assassino

Ha scritto decine di pagine a penna il reo confesso Ciro Guarente, in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato. Racconta la sua versione dei fatti riguardo a cosa sia accaduto la terribile notte tra il 7 e l'8 luglio scorsi nella casa della trans Heven Grimaldi ad Aversa, a cui è stato legato per sette anni. Smascherato dagli inquirenti quando fermato per il delitto di Vincenzo Ruggiero che viveva a casa di Heven, aveva sostenuto che fosse morto dopo aver sbattuto la testa durante un litigio e poi l'avrebbe buttato in mare.

Ora nel suo memoriale parla di un 'istigatore'. Ci sarebbe qualcuno che l'avrebbe spinto a tanto odio, fino ad uccidere Vincenzo, più giovane, più bello e tanto amico di Heven, a provare ad eliminarlo con l'acido, a farlo a pezzi. La gelosia, insomma, sarebbe stata istigata da altri, non sarebbe stata una sua ossessione. Ma chi e perché mai avrebbe dovuto farlo?

L'allusione a un complice

Gli inquirenti, alla ricerca di qualche elemento di verità nel memoriale dell'ex militare della Marina di giorno, escort gay di notte, prendono in considerazione piuttosto le frasi dove parla di un complice che l'avrebbe concretamente aiutato a fare a pezzi il cadavere del 25enne. In effetti, è plausibile pensare che Guarente, mingherlino e alto neanche un metro e 60 a dispetto di Ruggiero che arrivava quasi a un metro e 90, abbia potuto fare tutto da solo?

Che abbia trasportato il corpo e portato a termine da solo un occultamento di cadavere così complesso? Lo avrebbe fatto a pezzi, provato a scioglierlo nell'acido e murare parte dei resti in un garage tutto da solo? Gli investigatori, dopo aver riguardato i filmati che lo incastrano ed aver fatto numerose perquisizioni nel garage come nella casa dell'ex marinaio dove hanno sequestrato la sua cassetta degli attrezzi, sono convinti che ci sia un complice. Guarente ha fatto più telefonate a un'utenza in quella notte dopo il delitto. Probabilmente gli inquirenti conoscono il nome della persona, ma sono ancora in cerca di prove.

Tattica in vista di una perizia psichiatrica

Secondo alcune indiscrezioni, questo comportamento di Guarente sarebbe finalizzato a essere sottoposto a una perizia psichiatrica per poter in qualche modo 'alleggerire' la sua posizione.

Una 'scappatoia' giudiziaria rispetto alla prospettiva di condanna all'ergastolo. Atteggiamento però contraddittorio rispetto alla scelta di non voler parlare con i magistrati. Guarente scrive e chiede perdono alla mamma di Vincenzo che l'ha definito 'mostro', ma non dice dove sono la pistola, la motosega con cui l'ha fatto a pezzi e gli oggetti personali della vittima. Scrive ma non rivela dove ha nascosto la testa del povero Vincenzo per permettere almeno di ricomporre la salma.