Chi è Philip Laroma Jezzi? Lui si definisce semplicemente “un inglese in Italia”. Si tratta dell’avvocato e ricercatore universitario che, con le sue denunce, ha fatto scattare l’inchiesta della procura di Firenze che ha portato all’arresto di 7 docenti di Diritto tributario e all’avviso di garanzia per altre decine di colleghi in tutta Italia (compreso l’ex ministro delle finanze Augusto Fantozzi). Secondo gli inquirenti fiorentini (procura e Guardia di Finanza), i cosiddetti baroni delle università avrebbero messo in piedi un sistema corruttivo atto a favorire nei concorsi per l’assegnazione di nuove docenze solo gli amici degli amici.
Laroma, non facendo parte di nessun cerchio magico, era stato escluso dalle selezioni del 2013, aveva minacciato denunce, ma gli era stato risposto di starsene buono e calmo se non voleva compromettere la propria carriera. L’avvocato, con stile molto british, non si è dato per vinto, diventando la gola profonda che ha scoperchiato il calderone maleodorante dei CONCORSI TRUCCATI pilotati dai baroni.
La lettera di Laroma al Fatto Quotidiano
Il Fatto Quotidiano questa mattina, 26 settembre, pubblica una mail inviata dall’abbonato Laroma Jezzi alla segreteria del giornale il 7 gennaio 2016 e indirizzata al direttore Marco Travaglio. In questa breve missiva, il ricercatore dimostra, fin dal titolo emblematico ‘Fermiamoci alle strisce’, quali siano la sua moralità e il suo senso di giustizia.
Laroma parla della “mafia universitaria” come di una “regola” diffusa “ovunque”. Poi, critica il contenuto di un editoriale di Travaglio, secondo il quale chi non vuole adeguarsi al sistema dei baroni nelle università avrebbe solo due alternative: prostituirsi o emigrare nel privato. Per Laroma Jezzi non è assolutamente così, esiste una terza via: dire no e denunciare tutto alle autorità competenti.
Come nel caso, da lui citato nella missiva, dell’inchiesta che aveva portato poco tempo prima al licenziamento e alla condanna del direttore dell’Agenzia delle Entrate di Firenze, Nunzio Garagozzo, il quale gli aveva chiesto una tangente in cambio di una “corsia preferenziale” per ottenere un posto di lavoro.
Meglio fare l’inglese in Italia che l’italiano in Inghilterra
Laroma Jezzi rivendica di fronte a Travaglio le sue origini per metà britanniche. Cita, inoltre, più di un anno prima rispetto alla pubblicazione dei particolari dell’inchiesta sui concorsi truccati dai baroni, parte della discussione avuta con il professor Pasquale Russo il 21 marzo del 2013. Di fronte alle insistenze del docente, che gli consiglia di farsi da parte e di rinunciare ad un concorso, già truccato, se non vuole compromettere la sua carriera universitaria, Laroma risponde per le rime. Se Russo lo esorta a “smettere di fare l’inglese” e a fare “l’italiano” (inteso nel senso di diventare corrotto pure lui), Laroma risponde, invece, di voler fare “l’inglese in Italia”.
E l’inglese Laroma Jezzi, infatti, denuncerà Russo collaborando con la GdF dal 2013 al 2016. Parole che ripeterà anche nella lettera pubblica inviata a Travaglio. “Piuttosto che fare l’italiano in Inghilterra ho preferito fare l’inglese in Italia”, scrive Laroma spiegando che, per distinguersi dagli italiani, non bisogna essere eccentrici, ma basta “fermarsi alle strisce”.