Sono stati eseguiti ieri mattina 27 arresti nelle province di Monza, Milano, Pavia, Como e Reggio Calabria nell'ambito di una inchiesta su infiltrazioni della 'ndrangheta nell'imprenditoria e nella politica della Regione Lombardia.
Sono 27 le misure cautelari emesse: 21 persone sono finite in carcere, 3 ai domiciliari, 2 sono state sottoposte a misure interdittive predisposte dai giudici per le indagini preliminari Pierangela Renda e Marco Del Vecchio.
Le indagini sono partite nel 2015 e hanno coinvolto i pubblici ministeri del tribunale di Monza Salvatore Bellomo, Giulia Rizzo, il Procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti e i pm della Direzione Distrettuale Antimafia Alessandra Dolfi, Sara Ombra e Ilda Bocassini.
L'indagine è collegata alla maxi inchiesta "Infinito" che 7 anni fa, nel 2010, sgominò i gruppi della 'ndrangheta operanti in Lombardia.
Tra gli arrestati c'è anche il sindaco di Seregno Edoardo Mazza finito ai domiciliari con l'accusa di corruzione. Mazza, 38 anni, avvocato, è stato eletto nel 2005 con Forza Italia ed oggi è accusato di aver favorito un imprenditore legato alle cosche, il quale, a sua volta, lo avrebbe aiutato a recuperare voti.
Ai domiciliari è finito anche un consigliere comunale mentre l'assessore Gianfranco Cianfrone è stato sottoposto all'interdizione dai pubblici uffici.
Catturata oggi una delle persone che erano rimaste fuori dagli arresti dell'operazione del 2010 la quale, aveva preso parte ad un summit avvenuto in un centro intitolato alla memoria di Falcone e Borsellino.
L'inchiesta ruota attorno alla figura dell'imprenditore Antonino Lugarà che avrebbe avuto come "politico di riferimento" l'ex vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani, iscritto sul registro degli indagati. Quest'ultimo è tuttora consigliere regionale e ha reso noto in un comunicato stampa diramato stamane, che i suoi uffici sono stati oggetto di perquisizione.
Dalle indagini sono infine emersi anche numerosi episodi di violenza. In uno in particolare un cittadino di Cantù ha avuto una discussione con alcuni degli indagati e questi, per tutta risposta, lo hanno colpito con una pistola. L'uomo non ha poi voluto denunciare l'episodio per paura e nella consapevolezza di sapere che si trattava di soggetti alquanto pericolosi.
Numerose le intercettazioni che fanno da sfondo alle ipotesi accusatorie della procura. In una, i presunti affiliati alla 'ndrangheta fanno riferimento a "mitra" e "kalashnikov", mentre in un'altra conversazione si parla di voler "mettere in piedi San Luca a Milano" con riferimento al piccolo comune in provincia di Reggio Calabria che ha acquisito notorietà a causa di una faida criminale.