"Quando a venire arrestati sono i difensori dei diritti umani, il messaggio è chiaro: il dissenso non sarà tollerato". Amnesty non ci sta, e in questi 3 mesi di ingiusta detenzione nei confronti della direttrice di Amnesty Turchia İdil Eser, detenuta dal 5 luglio, e di altri 10 attivisti, lo ha gridato fortemente. A finire agli arresti già da giugno anche il direttore di Amnesty Turchia, l'avvocato Taner Kiliç. I motivi sono legati al tentato colpo di stato avvenuto il 15 luglio del 2016, in cui parte dell'esercito turco ha tentato di rovesciare il presidente Recep Tayyip Erdoğan e di prendere il potere del Paese.

Da quel giorno sembra che qualsiasi tentativo di opposizione alla maggioranza sia strettamente correlato a quel colpo di stato, del quale Fethullah Gülen è il principale sospettato. Ora sugli attivisti di Amnesty pende l'accusa di far parte della rete della mente del golpe e per tal motivo rischiano 15 anni di carcere. Tra gli 11 arrestati anche 2 stranieri, il tedesco Peter Steudtner e Ali Gharavi, detenuti dal 7 luglio dopo un blitz avvenuto durante una riunione tenutasi su di un'isola a largo di Istanbul.

Accuse fabbricate contro di loro

Per il tribunale di Istanbul è stato deciso il rilascio di 8 attivisti, accusati di diversi reati di terrorismo. Secondo la procura gli attivisti avrebbero programmato di 'fomentare il caos' durante la marcia per la giustizia da Ankara a Istanbul organizzata dall'opposizione turca tra giugno e luglio scorsi.

In questo ambito, per l'accusa, la Eser avrebbe assistito tre organizzazioni terroristiche diametralmente opposte ed alcune accuse risalgono al periodo precedente alla sua introduzione nell'associazione.

L'avvocato Taner Kılıç viene processato quest'oggi a Smirne, accusato di aver scaricato l'App di messaggistica ByLock con la quale gli aderenti alla rete di Gülen usavano comunicare.

Per i legali di Amnesty l'App non è mai stata istallata sul cellulare dell'avvocato. Si attende, dunque, l'esito del processo, dopo il quale Amnesty potrà confermare o meno il suo sospetto, ovvero che in Turchia difendere i diritti umani sia un reato.

Sostegni internazionali a favore degli attivisti

Un lungo elenco costituito da governi, istituzioni e leader politici ha fatto sentire la propria voce solidale a sostegno del rilascio degli attivisti.

Lo schieramento di pressione sulla Turchia per il rilascio degli 11 è composto dalla Commissione Europea, dal dipartimento di Stato degli Usa, dal governo tedesco con Angela Merkel e poi stati come Austria, Belgio e Irlanda.