La blue box contro blue whale, una buca delle lettera con i colori d’istituto, questa l’arma messa in campo dalla Polizia di Stato nella guerra fra reale e virtuale a tutela dei giovani studenti delle scuole superiori dai giochi di ruolo pericolosi, dal bullismo e dal cyber bullismo.

Da una parte abbiamo una 'Balena Blu', in grado di mangiarsi il futuro di questi ragazzi, con un gioco di ruolo che può portare all’autolesionismo e addirittura al suicidio, dall’altra un rimedio semplice, come una scatola blu, con il logo della Polizia di Stato dove poter affidare il racconto di quello che ci accade nel modo reale e virtuale.

Da tempo le Forze di Polizia vedono le comunicazioni attraverso chat online, i rapporti sui social e la messaggistica come una nuova scena del crimine dove mettere in campo risorse idonee a garantirne il contrasto.

Ogni reato ha bisogno di testimoni e spesso proprio nell’omertà crescono situazioni di sopruso che si trasformano anche in tragedia: se i meccanismi che portano a questi tragici esiti sono difficili da intercettare nel mondo reale, il problema si amplifica nel mondo virtuale.

Da questa necessità sembra essere nato il progetto Blue Box della Polizia di Stato, che consiste in un’urna dove gli studenti possano far recapitare, anche in forma anonima, alle autorità di sicurezza episodi sospetti che li hanno riguardati o dei quali sono stati testimoni.

Il dispositivo blue box è parte integrante di una campagna della Polizia di Stato contro il disagio giovanile. L'obiettivo delle Blue Boxes che saranno itineranti su un camper attrezzato, è quello di favorire l'emersione di u fenomeno criminale che trova il suo brodo di coltura nella paura e nell'omertà delle vittime, oltre che fornire indicazioni all'uso consapevole delle nuove tecnologie

Identikit del cyberbullo e consigli

Il tour della Polizia di Stato ha già toccato molte città da Torino a Terni, da Livorno a Nuoro, incontrando i ragazzi degli istituti superiori ma con un occhio anche ai genitori per aiutarli ad intercettare il disagio che può essere la spia di casi di bullismo subiti o commessi dai loro figli.

Nella brochure collegata al progetto blue box si traccia un identikit del cosiddetto cyberbullo, sulla base delle attività di polizia operate nel contrasto a questo reato e lo si descrive: ' Di un'età compresa tra i 10 e i 16 anni, un'immagine da bravo studente, una competenza informatica superiore alla media, incapacità a valutare la gravità delle azioni compiute online che usa internet per realizzare quello che magari non riesce a fare nella vita reale o nel cortile della scuola.

Si conosce tra i banchi di scuola o nella palestra del pomeriggio. Tramite il click del mouse, si sostituisce ai compagni di classe più timidi sui social network, a nome di altri diffonde immagini e informazioni riservate tramite messaggi sui telefonini, racconta particolari personali o dichiara disponibilità sessuali a nome delle compagne: questi i comportamenti devianti più spesso arrivati all'attenzione della Polizia.

E si delineano anche delle buone prassi come un approccio alla rete in modo corretto, navigando solo su siti sicuri e facendo attenzione a mail pericolose con le quali vengono richiesti dati personali o denaro. Non divulgare mai foto o video che mettano in ridicolo o offendano persone che conosci.

Non diffondere, on line, foto che ti ritraggono in intimità o dettagli che potrebbero aiutare i malintenzionati a violare la tua privacy. Non peggiorare la situazione di chi ha fatto l'errore di farlo. se ricevi messaggi del genere, non li girare mai a nessuno, anche se può sembrare solo un gioco. Usa i social in modo sano e legale: l'incitamento all'odio (hatespeech) che indica un genere di parole e discorsi che hanno lo scopo di esprimere odio e intolleranza verso una persona o un gruppo sono un reato perseguibile penalmente.

Un reato quello di bullismo che sembra finalmente aver assunto un eco di allarme sociale, come dimostrano le recenti iniziative della Polizia di Stato, oltre alla blue box segnaliamo anche l’app you pol, ma anche alla forte presa di coscienza della gravità del fenomeno che arriva da un programma seguitissimo della televisione, con la Iena Nina Palmieri che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica il caso di Gigi Mazzei o la lodevole iniziativa della cantante Emma Marrone che in un teatro di Novara, la città che ha fatto registrate il primo suicidio per bullismo in Italia, ha proposto ad un gruppo di giovani e giovanissimi di raccontare pubblicamente le loro esperienze di sopruso e sopraffazione.