Kim Jong-un ha tratti cinematografici e magari in futuro la sua parabola politica farà la gioia di qualche regista. Per il momento il pittoresco dittatore di Pyongyang si sta rivelando tremendamente utile nello scacchiere geopolitico dell'estremo oriente. Per la Cina lo è sempre stato, anzi lo è sempre stata la Corea del Nord, ultimo avamposto di un comunismo militarista da guerra fredda ed autentica spina nel fianco degli Stati Uniti e delle nazioni alleate di Washington. La Russia intrattiene da sempre buoni rapporti commerciali con Pyongyang ed il fatto che dia del filo a torcere agli americani non è affatto un dispiacere per Mosca.
Sebbene non lo ammetteranno mai, Kim si sta rivelando utile anche a Stati Uniti e Giappone, anzi agli attuali capi di stato e di governo dei Paesi citati. Lo spostamento delle tensioni internazionali dal Medio Oriente alla penisola coreana ha permesso a Donald Trump si distogliere l'attenzione dalla fallimentare missione politica statunitense in Siria e dal terremoto 'Russiagate'. A Tokyo, invece, il nazionalista Shinzo Abe ha fatto della crisi coreana il suo vessillo elettorale. Ha stravinto ed ora si appresta a cambiare la Costituzione del suo Paese, rispolverando simbolicamente la katana di guerra. Senza Kim Jong-un, Abe probabilmente non avrebbe vinto le elezioni e Trump avrebbe dovuto escogitare un modo più complicato per respingere i suoi denigratori.
Quando la Casa Bianca scricchiola, non c'è metodo più utile di una guerra per spostare l'attenzione ed anche gli equilibri politici.
In attesa di Donald Trump
Ma la guerra tanto temuta potrebbe anche non esserci, anzi allo stato attuale è difficile che ci sia, nonostante la presenza della 'armada' di Trump nel Mare del Giappone, il sostegno incondizionato di Abe e lo scontato bene placet della Corea del Sud.
Inutile negare che ci si trova dinanzi ad un precipizio e non è un caso che Kim Jong-un abbia stoppato le sue provocazioni che, in realtà, sono l'unica maniera di testare i progressi delle sue batterie missilistiche. I servizi segreti della Corea del Sud temono un nuovo lancio e, se vogliamo vedere la questione con gli occhi del dittatore nordcoreano, la tentazione c'è.
Donald Trump tra pochi giorni inizierà la sua missione in estremo oriente, fargli volare un missile sopra la testa sarebbe certamente uno 'sfregio', ma le conseguenze a quel punto potrebbero essere estremamente pericolose, spostando in avanti le lancette dell'orologio bellico. Kim si mostrerà lungimirante o procederà con la sua audace insolenza? Ha una strategia o è semplicemente un presuntuoso pazzo come dice l'opinione pubblica occidentale? Alcuni recenti sviluppi politici sembrano pendere in favore della prima ipotesi.
Kim si riavvicina a Pechino?
Il cordiale scambio epistolare tra Kim Jong-un e Xi Jinping è estremamente importante. Tra Paesi alleati sarebbe anche normale, ma i due leader non si amano e non si sono mai incontrati.
Al di là dei suoi deliranti proclami, utili ad entusiasmare il suo ben ammaestrato popolo, Kim probabilmente comprende che senza la Cina non esisterebbe oggi una Corea del Nord comunista. La risposta di Xi Jinping agli auguri pervenuti dal dittatore del Nord è stata molto cordiale, Pechino si augura di rinsaldare i rapporti con Pyongyang in nome di una "causa socialista" che entrambi perseguono ed è la dimostrazione pratica di come la Cina in realtà tutela il regime nordcoreano, utile oggi come oltre mezzo secolo fa.
Trump, minacce e complimenti
Intanto il presidente americano si prepara ad una trasferta molto importante, mentre le sue forze aeree eseguono esercitazioni militari congiunte con quelle giapponesi e sudcoreane.
Non lo fa certamente in silenzio e, in perfetto tono con il personaggio, lancia un monito alla Cina tirando in ballo il 'samurai' Shinzo Abe. "Il Giappone è una nazione guerriera e se non si fa qualcosa con la Corea del Nord, si potrebbe avere presto un bel problema con il Giappone". Nello stesso tempo loda Xi Jinping, definendo "formidabile e di grande aiuto" la sua azione politica sulla crisi coreana. In realtà la Cina non ha cambiato di un millimetro la sua posizione: condanna la politica aggressiva di Pyongyang, ma non permetterà a Washington o ad un altro Paese di attaccare il regime. Pechino ha sempre avuto in mano la chiave di volta e se Kim collabora, la tensione potrebbe anche stemperarsi.
Toccherà però anche all'America concedere qualcosa, tipo smobilitare lo scenario da D-Day attorno alla penisola coreana, cosa che per il momento la Casa Bianca non vuole nemmeno considerare. Si intravede comunque uno spiraglio in fondo al tunnel? Visione ottimistica in realtà, gli imprevisti del caso ci sono, tipo un nuovo missile nordcoreano come messaggio di benvenuto al presidente degli Stati Uniti.