Apple ha appena investito, pochi giorni fa, ben 30 milioni di dollari in una startup per realtà aumentata, Vrvana. Dopo un periodo di relativa sonnolenza, il mercato della realtà virtuale e della realtà aumentata ha avuto un +117% nel mese di agosto. Ad oggi, i dispositivi connessi ad internet variano dai 6,4 miliardi calcolati da Gartner ai 9 della International Data Corporation. La differenza tra le due consiste essenzialmente nel numero di "optional" che si aggiunge alla realtà sensibile: nella realtà aumentata il numero è relativamente basso e ti permette di interagire con il presente che hai intorno; nella realtà virtuale gli "optional" sono talmente tanti che creano direttamente un'altra dimensione tutt'intorno all'utente, facendolo uscire dalla sua realtà materiale.

Second Life e Inception

Nel 2003, la società americana Linden Lab lanciava la piattaforma "Second Life". Si tratta di un universo virtuale creato dagli utenti, dove si ha la possibilità di vivere una vita forgiata a proprio piacimento. Gli utenti posso lavorare, guadagnare Linden Dollar (L$), spenderli, sposarsi, avere dei figli, partecipare a qualsiasi attività: da una mostra d'arte a seguire lezioni all'università. Tutto ciò, grazie alle righe di un codice. Codice che diventa addirittura veicolo di emozioni, che non si può negare siano al pari di quelle provocate da molecole organiche, nonostante la natura differente della loro causa.

A proposito dei codici e di cosa permettono di creare, il fondatore di "Second Life", Philip Rosedale, afferma: "È tutto qui, è come lo spazio!

Dio è nella macchina. Il Codice è legge. Il Codice è Dio". E chi si trova nell'universo virtuale - che non si tratta propriamente di un videogioco, visto che non ha nessuno scopo preciso - indubbiamente prova la sensazione di essere un po' Dio. Non è una sottospecie di onnipotenza? È il desiderio che si prova quando si vede Arianna in "Inception" che nel sogno manipola Parigi a suo piacimento creando ponti, specchi, e girando la città su se stessa.

Sempre nel film, il protagonista - Leonardo Di Caprio - ha costruito un intero mondo con sua moglie, dove hanno vissuto sognando insieme per anni interi, dimentichi persino dei loro figli reali fuori dal sogno. Solo un incubo? Non esattamente. Per chi non avesse visto "Inception", il parallelo non sarà immediato, ma durante il film si scopre che il passeggiare nei sogni, apparentemente innocuo, ha anche conseguenze negative sulla vita delle persone che non riescono più a vivere nel mondo materiale, e che ribaltano il rapporto realtà-sogni, trasformando questi ultimi nella loro vita.

Tornando a "Second Life", sono stati registrati alcuni preoccupanti casi in cui dei genitori, ormai dipendenti dal gioco, hanno lasciato i figli morire di fame, rimanendo per giorni interi nella realtà virtuale che avevano creato, spesso con nuovi partner e nuovi figli.

Platone e il mondo delle idee: la realtà come degradazione

Se usciamo da ogni logica spazio-temporale, possiamo immaginare che qualcosa del genere avrebbe fatto rabbrividire Platone. Il filosofo greco, infatti, la cui filosofia si può cautamente ricondurre verso un idealismo, attribuisce alle idee una valenza ontologica superiore a quella della realtà. In altre parole, abbatte la realtà esistente su un mondo perfetto e trascendente al nostro, che è il mondo delle idee, essenze pure da cui derivano le cose materiali.

La realtà come la conosciamo non è che una copia di queste essenze perfette; una copia degradante.

Su questo si appoggia la critica platonica dell'arte, vista come un'imitazione della realtà, e quindi un terzo livello di degradazione dell'idea, in quanto copia-della-copia. Non è difficile immaginare come avrebbe potuto esprimersi sulla realtà virtuale, il cui obiettivo è appunto quello di creare una copia perfetta che ti dia l'impressione di essere nella realtà sensibile che abitiamo tutti i giorni.

Quali sono i limiti della realtà virtuale?

Ora, nei casi descritti sopra, ci troviamo chiaramente in una deriva patologica dell'uso della realtà virtuale, che non va comunque sottovalutata. La realtà virtuale e quella aumentata potenzialmente non hanno limiti: ma come sempre, la sola possibilità di fare una cosa non è un buon motivo per farla realmente.

Come nella dipendenza da smartphone che ormai ci caratterizza quasi tutti, ci sono limiti che non andrebbero superati.

Non sono solo gli sceneggiatori di "Inception" hanno sentito il bisogno di farlo notare: anche J.K. Rowling in "Harry Potter e la Pietra Filosofale", attraverso le parole di Silente ricorda che "It does not do to dwell on dreams and forget to live". Harry passava ormai ore davanti allo Specchio delle emarB (a leggere, Brame) con il riflesso dei propri genitori.

Cos'è che fa paura di questo tipo di realtà?

Non sono le possibilità che si hanno, o quello che potrebbe aiutarci a fare; è già stata utilizzata in campo medico e in altri campi molto specifici e potenzialmente utili come quello medico e della ricerca; utili nel senso che non si tratta semplicemente di svago.

Anche perché, in casi come quello di "Second Life", alcune potenzialità della realtà virtuale sono quelle di assistere a dei corsi universitari o visitare mostre. Ci sono parecchie università (Harvard, Oxford, ma anche Torino, Milano, Urbino) che hanno sperimentato "Second Life" come spazio di apprendimento, e anche per quanto riguarda le lingue straniere, sia il British Council che l'Instituto Cervantes hanno impiegato la piattaforma come strumento di insegnamento.

Senza arrivare ad una critica radicale come quella platonica delle "copie" della realtà materiale, quello che può effettivamente spaventare è che esseri umani senza alcun problema all'interazione materiale si releghino in realtà virtuali per svago, dimenticando, in un certo senso, la vita materiale al di fuori dell’universo virtuale.

Perché è divertente, perché è più facile. E invece di interagire realmente con quello che hanno a disposizione, si svaghino giocando a fare Dio. È quindi semplicemente il modo in cui si utilizzano queste tecnologie che potrebbe essere rivisto. Il fatto di rendere una tecnologia tale a un semplice svago potrebbe essere riduttivo.

Black Mirror: il progetto San Junipero

Il modo di impiego di queste realtà virtuali potremmo impararlo da una delle molteplici realtà di "Black Mirror", spesso dispotiche ma decisamente istruttive. Nella puntata San Junipero siamo immersi negli anni '80 per seguire lo sviluppo di una storia d’amore, per poi scoprire che si tratta di una realtà virtuale e che le due protagoniste in realtà sono donne anziane che "rivivono’" all’interno del progetto San Junipero.

Una delle due è tetraplegica e paralizzata da quarant'anni. Inoltre, alla morte del corpo biologico, il progetto offre la possibilità di scegliere se continuare a vivere "caricati" nella realtà virtuale o morire definitivamente.

Nel caso delle due donne, la realtà virtuale è un sollievo da una realtà profondamente dolorosa, e l'impiego della tecnologia in questo senso potrebbe rivelarsi davvero utile e non solo uno svago. L'episodio si conclude con un robot che impila coscienze che sono caricate a San Junipero. Inquietante sì, ma secondo un articolo di "The Guardian", una realtà nemmeno troppo lontana. Per la felicità degli amanti della realtà virtuale, secondo Hans Moravec, ricercatore e insegnante all'università di Carnegie-Mellon a Pittsburgh, a quanto pare potremmo presto abbandonare il nostro pensante e fragile corpo biologico per essere caricati su un computer con capacità cognitive che polverizzano quelle del cervello umano.

Ma come diceva Norberto Bobbio: "Il mestiere del profeta è pericoloso, ognuno di noi proietta nel futuro le proprie aspirazioni e inquietudini, mentre la storia prosegue il suo corso indifferente alle nostre preoccupazioni". Nonostante tutto, quindi, bisognerà aspettare ancora un po' prima che la preoccupazione della morte si risolva e il desiderio di immortalità di alcuni venga soddisfatto.