Questo è quanto accaduto durante il mese di maggio scorso in Galles, dove un uomo di trentuno anni, Matthew Scully-Hicks, è stato accusato di omicidio, causato da un attacco d'ira nei confronti di una piccola ed indifesa bambina di diciotto mesi. La corte ha riconosciuto le colpe dell'uomo solo nella giornata di ieri e sta constatando quanti anni di reclusione dovrà fargli affrontare per il terribile atto. Matthew, ex professore di educazione fisica, avrebbe più volte sbattuto la bambina contro il muro, fracassandole il cranio e causandole molteplici fratture nel resto del corpo per poi lasciarla morire da sola, agonizzante in un angolo della casa.

Secondo le confessioni raccolte, e secondo quanto stabilito dalle indagini, i soccorsi sarebbero stati chiamati solo quattro giorni dopo la violenta aggressione. Ma quanto accaduto non era di certo noto alle forze dell'ordine in quanto, già in precedenza, i genitori della povera Elsie (questo era il nome della bambina) l'avrebbero portata più volte in ospedale con segni di abrasione e fratture varie e i medici avevano creduto alle versioni raccontate dai due padri della bambina. Stessa sorte è toccata ai servizi sociali di Vale of Glamorgan, finiti sotto inchiesta per non avere avviato i dovuti controlli prima e durante l'affidamento della povera neonata.

La sentenza e gli sms inviati al marito

Il signor Scully-Hicks, secondo quanto riferito dagli investigatori, avrebbe abbandonato il suo precedente lavoro per poter badare alla bambina con più tranquillità, ma a quanto pare questo non è bastato per frenare i suoi istinti omicidi. La giuria, dopo ben quattro giorni di chiusura in camera di consiglio, ha deliberato senza timore alcuno la condanna per l'ex istruttore di educazione fisica che rischia ben oltre i venticinque anni di reclusione.

In alcuni messaggi rinvenuti sul telefono del marito (che si trovava fuori per motivi di lavoro), l'uomo definiva la bambina come "il diavolo in persona", poiché piangeva in continuazione e si svegliava durante la notte strillando per poter mangiare.

Il sogno che diventa incubo

I due uomini, entrambi omosessuali, erano riusciti a sposarsi nel 2012 in Portogallo e si erano trasferiti nel Galles per poter realizzare in qualche modo il desiderio di costruire una famiglia.

Non potendo generare un bambino, avevano deciso di adottarlo e di ricorrere anche alla maternità surrogata, riuscendo finalmente a trovare quel che mancava loro per essere davvero felici. Addirittura il marito di Matthew, sul proprio profilo Facebook, aveva scritto che comprendeva appieno le motivazioni che spingevano i servizi sociali a rimandare più volte l'adozione della bambina poiché, secondo quanto scritto da lui stesso, "è giusto fare i dovuti accertamenti per poter affidare il bambino ad una coppia che sappia amarlo e curarlo". Al momento dell'accusa, il marito dell'uomo si è dichiarato estraneo ai fatti ed ha più volte ammesso che se avesse saputo prima degli abusi a cui andava incontro la bambina avrebbe in qualche modo evitato il tutto.